Cgil, Cisl e Uil Torino esprimono "forte preoccupazione per la situazione determinatasi nei luoghi di lavoro nell’area metropolitana di Torino a causa dell’emergenza Coronavirus. All’emergenza sanitaria che vede migliaia di lavoratrici e lavoratori impegnati nel nostro territorio a garantire le risposte pubbliche, negli ospedali, nelle Rsa, nei servizi sociali, si aggiungono quelli dei supermercati, della vigilanza e dei settori che producono beni essenziali, in un contesto che pone la necessità di garantire un reddito alle lavoratrici ed ai lavoratori sospesi dal lavoro". E' quanto si legge in una nota unitaria delle confederazioni torinesi, che "sono impegnate in confronti con i datori di lavoro per la copertura delle giornate di sospensione lavorativa e per la stipula di centinaia di accordi sindacali di cassa integrazione ordinaria, in deroga, dei fondi di integrazione salariale, ordinari e bilaterali alternativi o di settore".
Gli accordi, ad oggi, garantiscono la copertura di oltre 100.000 lavoratrici e lavoratori in tutti i settori, così suddivisi: 17.000 delle aziende chimiche, gomma plastica, tessili; oltre 50mila delle aziende meccaniche; più di 8.000 del commercio, turismo, terziario, pubblici esercizi, appalti di pulizia e mensa nelle scuole, appalti di vigilanza e guardiania; 20.000 delle aziende artigiane; 6.221 dell’edilizia; 3.500 dei trasporti (trasporto pubblico locale, servizi di terra all’aeroporto di Caselle, impianti a fune sciistici, logistica e autotrasporto, autostrade); 3.200 della cultura-spettacolo-sport, telecomunicazioni, industria grafica e dell’editoria; 3.100 della formazione professionale e delle scuole private; 2.400 delle cooperative sociali operanti negli appalti dei servizi educativi, dei centri diurni, delle mense scolastiche; migliaia di lavoratori/ci della somministrazione, soprattutto delle aziende manifatturiere, ma presenti in tutti i settori; 500 dell’industria alimentare; 300 lavoratori delle piccole assicurazioni.
La preoccupazione più grande, nell'immediato, riguarda la mancanza di reddito per centinaia di migliaia di lavoratrici e lavoratori che utilizzano gli ammortizzatori (la stragrande maggioranza delle aziende, non avendo liquidità, non anticipa l'integrazione salariale e non è ancora operativo l'accordo per l'anticipo da parte delle banche, sottoscritto tra Ministero del Lavoro, Parti Sociali tra cui sindacati e Abi I il 30 marzo 2020), per coloro che non hanno ammortizzatori o svolgono lavori “poveri”, ad esempio part-time involontari, appalti, precari e discontinui.
I sindacati ricordano che, "insieme alle proprie strutture regionali e nazionali, si stanno confrontando con le istituzioni e le associazioni datoriali per garantire una risposta celere alla necessità di reddito di migliaia di famiglie, anche del nostro territorio. Se il sistema nel suo complesso non sarà in grado di rispondere anche a questa emergenza, migliaia di lavoratrici e i lavoratori scivoleranno verso la povertà e graveranno in maniera significativa sui Comuni per sostegni economici e alimentari, la cui entità sarà pesantemente condizionata dalle ristrettezze economiche in cui questi versano da tempo".