Ci sono voluti quasi nove mesi di trattative per arrivare a un accordo. Che lascia comunque l’amaro in bocca, perché l’azienda chiude e se ne va. Stiamo parlando della Technisub di Genova, impresa fondata nell’ottobre 1962 da Luigi Ferraro e storico marchio di attrezzature subacquee, controllata dal 1982 dalla francese Aqualung (nata per impulso del noto esploratore Jacques-Ives Cousteau).

Il 5 marzo 2024 il gruppo, proprietà del fondo d’investimento statunitense Barings, aveva annunciato “la progressiva cessazione delle sue attività produttive nello stabilimento Technisub di Genova”, rimarcando come Aqualung abbia “dovuto affrontare notevoli sfide che hanno inciso pesantemente sui propri flussi di cassa”. Da qui la decisione “di trasferire l’attività della sede italiana, i mezzi di produzione e il know-how, verso il suo impianto produttivo di Blackburn, in Inghilterra”.

L’accordo: fabbrica chiusa e cassa integrazione

Una trattativa estenuante, quella che si è tenuta tra azienda e sindacati riguardo lo stabilimento dove si producevano prevalentemente maschere, pinne e boccagli. Venerdì 7 febbraio, presso la sede genovese di Confindustria, è stato siglato l’accordo sulla cassa integrazione per cessazione di attività per 29 dipendenti.

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L’ammortizzatore sociale (che sarà rapidamente approvato dal ministero del Lavoro) durerà fino al 31 dicembre 2025, con l'aggiunta di tre mensilità e un riconoscimento economico di 6 mila euro. La produzione durerà ancora per un paio di mesi, in primavera è prevista la chiusura definitiva.

Fiom: “Ora un nuovo lavoro per gli ex dipendenti”

La mobilitazione della Fiom però continua. In questo anno di ammortizzatori sociali la categoria “porterà avanti il tavolo di confronto con Confindustria e Regione Liguria per dare continuità di reddito e ricollocazione occupazionale ai lavoratori sul territorio genovese. La mobilitazione quindi procede, anche se resta la contrarietà rispetto alla decisione aziendale di lasciare la città, decisione che impoverisce il tessuto produttivo e che azzera un altro pezzo importante di industria genovese”.

Il segretario generale Stefano Bonazzi, parlando alla stampa locale, non ha nascosto la propria “amarezza per come è andata a finire: la città perde uno stabilimento e un marchio storico, è un enorme danno per tutti. Ora dobbiamo, all'interno del tavolo che resta aperto a livello locale, cercare una soluzione per rioccuparli tutti il prima possibile. Crediamo sia davvero fondamentale trovare un nuovo posto di lavoro per i 29 dipendenti. Lavoratori che, viste le loro competenze, possono essere assunti da altre imprese che operano nel settore”.