PHOTO
Con il dato aggiornato all’8 agosto “sono 2.547 i lavoratori che si aggiungono ai dati che avevamo denunciato a gennaio” quando la Cgil aveva indicato in 58.026 il numero dei lavoratori coinvolti da crisi industriali per le quali sono aperti tavoli al ministero delle Imprese. Lo indica all’Ansa Pino Gesmundo, segretario confederale Cgil con delega a politiche industriali e energetiche, infrastrutture e trasporti, aree di crisi.
La crisi morde le transizioni
“Altri 120mila a rischio nei settori in crisi per la gestione delle transizioni o riconversioni produttive. E si aggiungono le crisi regionali: solo sui tavoli di Puglia e Veneto ulteriori 32mila lavoratori a rischio”. E la prospettiva è allarmante: per esempio, “l’anticipazione al 2025 della chiusura delle centrali Enel a carbone di Civitavecchia e Brindisi produce circa tremila esuberi nell’indotto”.
Sono 58 le crisi di imprese per le quali è aperto un tavolo nazionale al ministero delle Imprese e del made in Italy. Tra le ultime vertenze arrivate a palazzo Piacentini, Bellco, Fbm Hudson, Liberty Magona, Seri Industrial. Il numero dei lavoratori a rischio aumenta. Ma arrivano anche soluzioni, come la recente chiusura dell'accordo per lo stabilimento Marelli di Crevalcore ceduto a Tecnomeccanica.
“Un ottimo risultato”, commenta Pino Gesmundo, che più in generale apre una riflessione: “Per un tavolo che si chiude, che si risolve dopo undici mesi, si aprono due nuovi tavoli al Mimit, Fbm Hudson e Seri Industrial, convocati negli ultimi due mesi”. “Siamo ovviamente contenti di alcune crisi industriali risolte” ma ogni volta “risolvi il problema che era sul tavolo e comunque hai perso dei posti di lavoro”, racconta sempre all’agenzia Ansa.
Politica industriale cercasi
“Oggi abbiamo il bisogno di affrontare complessivamente il tema della politica industriale del Paese, di capire qual è l’idea che ha il governo”. Le soluzioni “non sono nelle mani” dei singoli ministri, i singoli tavoli come al ministero delle Imprese “non riescono a dare risposte" che si intrecciano con altre competenze, “a settembre abbiamo bisogno di affrontare complessivamente questi temi: chiederemo l’attivazione di un tavolo alla presidenza del Consiglio”, spiega ancora Gesmundo.
“Chiederemo al governo non ai singoli ministeri, perché se servono risorse ci sono risposte che non può dare il ministro Urso senza sentire il ministro Giorgetti, se parliamo di politiche energetiche non le può fare il ministro Pichetto Fratin senza sentire Urso e Giorgetti: la premier Giorgia Meloni deve aprire un tavolo” a Palazzo Chigi. “Lo abbiamo già chiesto al ministro Urso lunedì scorso, all’ultimo tavolo al ministero, con i segretari generali, per la Cgil c'era Landini.
Privatizzazioni, no grazie
Per Gesmundo “all’interno della finanziaria ci devono essere le risorse che per creare le condizioni dello sviluppo, per una efficace politica industriale. E dobbiamo bloccare l’operazione delle privatizzazioni”. E avverte: “Se pensano di fare cassa con le privatizzazioni stanno di fatto smantellando l’idea di una politica industriale del Paese: una politica industriale non la fai se continui a vendere pezzi di rete, penso a Tim, dove dobbiamo fare la gestione della transizione digitale. Non la fai se metti sul mercato pezzi di Ferrovie, se poi dobbiamo gestire infrastrutture dove vogliamo fare gli insediamenti produttivi. Non la fai se privatizzi Poste che fa la raccolta del risparmio privato che investiamo con cassa depositi e prestiti e attraverso quelle risorse facciamo politiche industriali”.
E “in questa follia – conclude Gesmundo nell’intervista all’Ansa – il governo ci propone l’autonomia differenziata. È una idea di Paese che non c’è anche rispetto alle politiche industriali”.