Per capire gli strumenti della bilateralità artigiana occorre ripercorrerne la storia. “Nel 1970 – dichiara ai microfoni di Collettiva Stefano Di Niola, direttore di Ebna – si sintetizza un dibattito che porta all’approvazione della legge 300, lo Statuto dei lavoratori. Nella norma, tra le molteplici questioni innovative per l’epoca, è prevista la costituzione delle rappresentanze sindacali in aziende che occupano più di 15 dipendenti. Fenomeno assolutamente marginale per il mondo dell’artigianato, considerando le dimensioni medie delle imprese del comparto che, tuttavia, prova a esprimersi dal punto di vista della qualità delle relazioni sindacali, tanto che nello stesso periodo nascono le prime esperienze territoriali di bilateralità artigiana come la Cim (Cassa integrazione metalmeccanici), la Milaa (Mutua integrativa lavoratori abbigliamento artigiani) e, successivamente, il Falac. Quest’ultimo Fondo, previsto per il settore della ceramica e alimentato da imprese e lavoratori per il sostegno al reddito, è particolarmente rilevante perché prevede l’erogazione del trattamento di disoccupazione in caso di sospensione dell’attività produttiva con sussidio da parte della bilateralità”.
“Grazie a queste prime intese – prosegue –, accompagnate da successivi accordi regionali, sono state gettate le basi per quello che è l’attuale sistema di relazioni sindacali nel comparto dell’artigianato che ha saputo dare una risposta alle esigenze dei lavoratori e delle imprese. Dal 1993 si consolida il sistema della bilateralità grazie a brillanti relazioni sindacali che portano allo sviluppo della contrattazione collettiva, all’avvio delle prestazioni offerte, all’incremento del numero degli aderenti al sistema. Vanno ricordati, in particolare, gli accordi interconfederali del 21 luglio del 1988, del 2 febbraio del1993 e del 22 giugno del 1993”.
Nel 1995 nasce Ebna
Nel 1995 viene sottoscritto l’atto costitutivo dell’Ente bilaterale nazionale dell’artigianato, l’Ebna. “Negli stessi anni – spiega Stefano Di Niola – iniziano a concretizzarsi alcuni primi riconoscimenti normativi della bilateralità dell’artigianato, in modo esplicito ma anche indirettamente attraverso varie norme e circolari. Tra queste, la circolare Inps 131/1994 che stabilisce come l’integrale rispetto degli istituti economici e normativi dei Ccnl sia la condizione per ottenere benefici contributivi, comportando anche l’iscrizione agli Enti bilaterali”.
“Tuttavia, il percorso in quel periodo storico non è lineare. Le parti sociali, a fronte della campagna ispettiva portata avanti dall’Inps sull’applicazione integrale dei Ccnl al fine del riconoscimento degli sgravi concessi, si dicono contrarie alla retroattività del contributo da parte delle imprese artigiane agli Enti bilaterali, e sottoscrivono l’accordo interconfederale del 21 aprile 1997. Questo accordo contiene una sanatoria per le imprese, e l’Inps con la circolare n. 143/1997 ne riconosce la validità. Di converso la prefettura di Verona, con un provvedimento del 10 settembre 1997, smentisce l’interpretazione contenuta nella circolare Inps n. 131/1994 che subordinava la concessione degli sgravi all’applicazione integrale dei Ccnl”.
“La statuizione della prefettura viene confermata dalla sentenza di Cassazione n. 6530 del 10 maggio 2001 con la quale si afferma – ricorda Di Niola – che le clausole contrattuali che prevedono l’iscrizione agli Enti bilaterali rientrano nella parte obbligatoria dei Ccnl e non sono riconducibili al concetto di trattamento economico e normativo di cui parla l’articolo 3 del decreto legge n. 71/1993. C’è da dire che gli accordi di fine anni 2000, culminati con l’Atto di indirizzo sulla bilateralità sottoscritto il 30 giugno 2010, imprimono una svolta rilevante. Infatti, per la prima volta viene affrontato il tema della bilateralità come veicolo di una serie di diritti dei lavoratori e non già come obbligo fine a sé stesso. Infatti, da quel momento in poi, grazie alle intese tra le parti, in tutti i Ccnl del comparto viene sancito il diritto di ogni singolo lavoratore alle prestazioni erogate dalla bilateralità, prevedendo, in caso di mancata adesione, un’obbligazione alternativa con indennità economica pari a 25 euro (ora 30) in busta paga a titolo di Elemento aggiuntivo della retribuzione (Ear) e indennità per le prestazioni eventualmente perse”.
E arriviamo agli ultimi anni di questa ricostruzione storica. “Il governo Monti promulga la legge 28 giugno 2012, n. 92 per la riforma complessiva del sistema degli ammortizzatori sociali. Il comparto dell’artigianato, espressamente richiamato dalla norma come esempio di consolidato sistema di relazioni e di bilateralità, è invitato a costituire un proprio Fondo di solidarietà bilaterale alternativo gestito dalle parti sociali pur essendo sottoposto ai vincoli di legge. Per questo, Fsba oggi opera come ammortizzatore sociale del comparto, e diventa obbligo di legge per tutte le imprese artigiane, garantendo la continuità occupazionale nei momenti di crisi”.
“La bilateralità – conclude Di Niola – ha una sua composizione in 21 Enti regionali e delle province autonome di Trento e Bolzano, oltre che in Ebna. Gli Enti bilaterali erogano prestazioni, anche di welfare, per lavoratori e lavoratrici, e imprese. Ma la bilateralità va ben oltre, avendo previsto fondamentali attività per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, per la rappresentanza sindacale territoriale e per il sostegno della contrattazione collettiva”.