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“Il riconoscimento di crisi industriale complessa per i sistemi locali del lavoro di Melfi e Potenza da parte del governo nazionale è un passo in avanti”. Così Cgil Potenza e Fiom Cgil Basilicata, affermando però che “non può considerarsi risolutivo di una vertenza che vede coinvolti 9 mila lavoratori tra diretti e indotto”.
“I 20 milioni di euro di risorse nazionali – spiegano il segretario generale Cgil Potenza Vincenzo Esposito e la segretaria generale Fiom Cgil Basilicata Giorgia Calamita – per la realizzazione degli interventi per la riqualificazione e riconversione produttiva delle aziende della filiera automotive, non sono sufficienti a traghettare l'area industriale di Melfi verso un’elettrificazione che possa tutelare tutti i livelli occupazionali, compresi quella della logistica e della componentistica”.
I due dirigenti sindacali rilevano che “la strada scelta dall'Ue di portare a completamento la transizione elettrica entro il 2035 è ormai tracciata, e la Basilicata non può farsi trovare impreparata. Invece di contestarla, il presidente della Regione Vito Bardi, dovrebbe invece pensare a come giocare d'anticipo”.
“L'assenza di politiche pubbliche ha generato un divario tra l'Italia e gli altri Paesi Ue”, proseguono gli esponenti Cgil e Fiom: “La Basilicata paga i ritardi del processo di transizione, i cui accordi in Stellantis risalgono a giugno 2021. È quindi urgente realizzare politiche industriali e un piano straordinario per l'automotive che valorizzi le potenzialità d’innovazione in una fase di grandi trasformazioni del settore con risorse adeguate”.
Esposito e Calamita pendano dunque a “un piano straordinario che metta a disposizione investimenti e strumenti per la trasformazione industriale e l'innovazione, il rilancio della ricerca e dello sviluppo, il rinnovo delle flotte pubbliche, l'uso di ammortizzatori sociali e la formazione per la salvaguardia, la crescita e la rigenerazione dell'occupazione”.
Il piano industriale di Stellantis, invece, continua “nella logica di annunciare le azioni stabilimento per stabilimento, senza una visione complessiva. In questo quadro è assente anche un piano sull'occupazione che possa permettere la rigenerazione occupazionale, anche attraverso strumenti come il contratto di espansione, mentre prosegue l'uscita incentivata e il ricorso agli ammortizzatori sociali, con il conseguente impatto negativo sui salari delle lavoratrici e dei lavoratori”.
I due segretari così concludono: “L'assenza di commesse e la richiesta di abbattere i costi da parte di Stellantis sta mettendo a repentaglio la tenuta industriale e occupazionale anche nelle aziende della componentistica. Il nostro Paese è passato dal produrre circa 1.500.000 veicoli alla fine degli anni Novante a 473 mila nel 2022”.