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Molte ombre nell'analisi dei dati che riguardano il mercato del lavoro nella provincia di Sondrio dall'inizio dell'emergenza sanitaria. "Si intravede la ripresa economica, ma sul fronte dell’occupazione emergono nuove e pesanti criticità. È infatti sempre più precaria e prevalgono le basse competenze. Dopo l’emergenza coronavirus in Valtellina e Valchiavenna mancano più di settecento posti di lavoro e il prezzo maggiore lo pagano le donne". Questa la sintesi dell’analisi curata dal Centro studi della Cgil di Sondrio sulla base dei dati Anpal servizi aggiornati al 30 settembre 2021.
"L’aspetto centrale - si legge nella nota - è rappresentato da attivazioni e cessazioni. I primi tre trimestri del 2021 hanno fatto registrare complessivamente 23.196 attivazioni e 20.410 cessazioni con un saldo positivo di 2.786 unità. Nei due anni precedenti il saldo dei primi tre trimestri era sempre stato negativo (-488 nel 2019 e -1.958 nel 2020). Si registra pertanto una prima e vera inversione di tendenza, che necessita però di una contestualizzazione e di una lettura più attenta prima di essere celebrata come ripresa occupazionale. Indubbiamente si tratta di un segnale importante, ma la lettura dei numeri, oltre a non aver ancora consentito il recupero “dell’effetto pandemia”, si connota come una ripresa precaria e con bassi salari.
Nel periodo 01/01/2019–30/09/2021 le attivazioni sono state 82.859 e le cessazioni 81.951, con un saldo positivo sul periodo di +908 unità. Il 2019 però aveva fatto registrare un saldo positivo tra attivazioni e cessazioni di 1.678, pertanto il saldo dal 2020 (inizio pandemia) è ancora negativo: -770 (48.563 attivazioni cui sono corrisposte 49.333 cessazioni). Nonostante la variazione di tendenza sul breve termine, quindi, il saldo da inizio pandemia evidenzia come non si sia ancora recuperata, al 30/9/2021, l’occupazione persa. Si nota inoltre che, dopo il 2020, le incertezze dovute alla pandemia e alle conseguenti limitazioni imposte dal legislatore hanno causato una minor durata dei rapporti di lavoro a termine. Per quanto premesso non siamo in grado di quantificare il fenomeno, ma è doveroso tenerne conto nelle analisi.
Il saldo positivo complessivo evidenziato nel periodo 1/1/2021-30/9/2021 non è equo a livello di genere. Infatti l’incremento complessivo solo per poco più del 31% riguarda le donne (+880), mentre oltre il 68% dei soggetti coinvolti sono uomini (+1.906).
Nell’intero periodo analizzato le attivazioni di rapporti di lavoro che hanno riguardato donne sono state 41.097, alle quali sono però corrisposte 41.312 cessazioni con un saldo negativo di -215 unità. Al contrario per gli uomini si registrano 41.762 attivazioni contro 40.639 cessazioni (saldo +1.123). Pertanto in quasi tre anni l’occupazione ha avuto un piccolo incremento, ma lo stesso è solo maschile, perché l’occupazione femminile è calata. Si evidenzia come nel 2019 le attivazioni erano state per il 50.6% di uomini e per il 49.4% di donne. La pandemia, insieme alla difficoltà di conciliare le attività cura con il lavoro, ha drammaticamente incrinato la possibilità di accesso al mercato del lavoro delle donne, che già pagavano i fenomeni evidenziati dalle analisi precedenti come minor durata dei contratti, occupazione precaria, part-time involontari e più bassi salari. Se limitiamo l’analisi al periodo 1/1/2020-30/9/2021 per “misurare” l’effetto pandemia sull’economia provinciale, il saldo negativo evidenziato in precedenza di -770 è dato da un saldo positivo +188 degli uomini e uno molto negativo delle donne di -958. La pandemia quindi ha maggiormente colpito nel genere sull’occupazione femminile. In aggiunta alla maggior precarietà di genere evidenziata nelle analisi precedenti, pur non supportati da statistiche provinciali, evidenziamo che l’impossibilità di conciliare i tempi di vita e lavoro ha penalizzato ancora una volta maggiormente le donne.
L’analisi di attivazioni e cessazioni per skill (l’insieme delle abilità e delle competenze possedute dal lavoratore soggetto di attivazione e cessazione secondo la classificazione stabilita dal centro per l’impiego) evidenzia come nell’economia provinciale siano prevalentemente richieste professionalità di media competenza (che interessano il 62% delle attivazioni), mentre le competenze di alto livello riguardano solo il 14% delle assunzioni e le basse professionalità il 25%.
Per quanto riguarda il settore, l’analisi basata sui dati Anpal evidenzia che più di un terzo delle attivazioni è per alberghi e ristoranti, seguiti da istruzione e altri servizi sociali al 15%, commercio al 9.5%, agricoltura e pesca al 9% e industria in senso stretto al 7.6%. I saldi (differenza tra attivazioni e cessazioni nei singoli settori) evidenziano un dato negativo in alberghi e ristoranti (-2316) e in trasporto e magazzinaggio (-297) mentre sono positivi in agricoltura (+1.175), costruzioni (+919), istruzione (+462) industria (+455).
Le attivazioni di rapporti di lavoro in provincia nei tre anni mostrano la grande dinamicità dell’Alta Valtellina. Il solo centro per l’impiego di Bormio contrattualizza un terzo delle attivazioni provinciali, Sondrio il 23%, Morbegno il 20%, Tirano il 14% e Chiavenna il 10%".