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Dopo il dibattito della mattinata sul futuro dell'automotive in Italia, che è stato chiuso dall’intervento del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, nel pomeriggio alla tavola rotonda (moderata dal giornalista Federico Fubini e introdotta dal segretario generale della Cgil Piemonte Giorgio Airaudo), hanno partecipato il ministro del Lavoro Andrea Orlando, il presidente di Federmeccanica Federico Visentin, il presidente della Regione Piemonte Alberto Cirio e la segretaria generale della Fiom Cgil Francesca Re David.
Presentando la tavola rotonda, Airaudo ha ricordato che Torino rimane la sede del più grande stabilimento Stellantis in Europa. Ma metà dello stabilimento è inutilizzata. “Noi non difendiamo un prestigio finito – ha detto Airaudo -. Qui ci sono il 50 per cento dei componentisti. Ma siamo reduci da migliaia di ore di cassa integrazione. Servono delle risposte nazionali per produrre molto più delle 500 mila vetture oggi prodotte e dare un futuro all’industria dell’automotive”.
Visentin: sbagliato puntare solo sull'auto elettrica
Dopo il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, che ha condiviso con Airaudo la preoccupazione per il futuro dell’industria e sulla necessità di attivare delle vere politiche industriali, il presidente di Federmeccanica, Federico Visentin, ha ribadito che il tema del futuro dell’automotive è davvero grave e non solo dal punto di vista dei grandi gruppi. Tutte le industrie italiane, grandi e piccole, sono coinvolte e più di 70 mila posti di lavoro rischiano di saltare. Secondo il presidente degli industriali metalmeccanici, il problema non si risolve a botte di incentivi (che comunque aiutano) ma con una riconversione strutturale. “Bisogna avere il coraggio di un cambiamento strutturale sfruttando la grande occasione storica del Pnrr”.
È impossibile l’obiettivo del 2035 per il superamento dei motori a scoppio, ha dichiarato Visentin. “Noi non vogliamo prolungare i tempi – ha chiarito - ma chiediamo con quale tecnologia raggiungere l’obiettivo, solo elettrico? Non scartare i motori diesel di nuova generazione e i biocombustibili”. Prima dell’automotive abbiamo un problema sull’energia. La priorità dovrebbe essere quella, sia sui costi che sulla dipendenza da fonti estere e impatto ambientale. Le maggiori emissioni sono determinate dalla energia elettrica. È questa la vera emergenza. È insufficiente quello che sta facendo il governo. Anche sulle politiche industriali si deve avere il coraggio di investire. Non ci si deve riferire solo a Stellantis. Ci vogliono più interlocutori. Positivo il discorso del ministro sugli ammortizzatori, ma manca il cuore: la politica industriale. È sbagliato comunque puntare tutto sull’elettrico. Peserà solo per il 30 per cento.
Re David: una cabina di regia nazionale con il sindacato
La segretaria generale della Fiom ha voluto sottolineare il fatto che per la prima volta sindacati metalmeccanici e Federmeccanica hanno realizzato un documento comune. Questo dimostra la straordinarietà della crisi che riguarda il settore. Non a caso parliamo dell’industria dell’industria, e l’auto ha più componenti elettroniche di un aereo. Qualche decennio fa eravamo i secondi produttori, ora siamo l’ottavo. Marchionne non aveva capito l’elettrico e ora siamo in grande ritardo. Manca una politica di sistema e manca la consapevolezza che non sono sufficienti gli incentivi.
Per quanto riguarda le scelte politiche, Re David ha detto che “con il governo non abbiamo nessuna interlocuzione aperta. Sono necessari nuovi ammortizzatori sociali che sostengano la transizione. Ci vuole un riferimento unico presso la presidenza del Consiglio dei ministri che possa coordinare le scelte per salvaguardare l’industria e l’occupazione nel settore automotive”.
Per quanto riguarda più in generale la transizione, la leader dei metalmeccanici Cgil è stata molto chiara: uno dei punti del documento con Federmeccanica è stata la dimensione delle imprese italiane troppo piccole. Ci vogliono economia di scala e capacità. Ma il problema è anche un altro. Il primo marzo Stellantis presenterà il piano industriale. Noi non sappiamo ancora quasi nulla. Eppure abbiamo fatto richieste formali: per ora zero risposte. Quelli che ci sono ora non sono veri tavoli di politica industriale. Noi invece abbiamo bisogno di capire i progetti di Stellantis e quello che deve essere il vincolo degli incentivi. ha ribadito Re David. Per rilanciare il settore in Italia ci vorrebbero almeno un milione di auto. "È necessario capire il tipo di politiche industriali che vogliamo mettere in campo. Vorremmo parlare anche di qualità dell’occupazione. I soldi si danno solo se si garantisce l’occupazione. Il mercato da solo non risolve. E lo abbiamo pensato solo noi italiani, perché Germania e Francia hanno agito diversamente. Così oggi ci troviamo continuamente di fronte a crisi singole. Ci vuole invece uno strumento che affronti la transizione in generale in un mix di formazione, rimodulazione degli orari, ammortizzatori. Dobbiamo capire come guardare avanti insieme. L’elettrico è un fatto importante. Il diesel crolla, le persone non lo comprano più. Ma non basta - conclude Re David -, bisogna tornare a essere leader nelle produzioni innovative. Per questo ci vogliono sinergie che ci facciano guardare al futuro.
Orlando: una vera politica industriale
Il ministro Andrea Orlando ha ribadito che è necessario difendere il ruolo dell’Italia nella grande fase di transizione e nel processo di digitalizzazione. Il tema c’è tutto. Ma la discussione va fatta in modo organico partendo da quello che c’è. Per quanto riguarda il sostegno al reddito, è stato introdotto un fondo con nuove competenze. Rispondendo al presidente degli industriali che chiede una ridiscussione degli obiettivi di sostenibilità ambientale, Orlando ha detto che Il 2035 è addirittura tardi perché il collasso ambientale sarà più rapido. "Non so se è realistica l’idea di procrastinare. Ci vuole comunque un piano B. All’Europa diciamo che noi rispettiamo i tempi, ma occorrono più risorse. Il peso delle transizioni è sui Paesi che hanno più industria manifatturiera. Bisogna perequare i pesi sociali da pagare".
Prosegue il ministro: "I nostri ammortizzatori sociali sono adeguati. E sulle politiche industriali: piuttosto che accordi singoli, serve un ragionamento generale. Occorre un accordo di programma generale sugli investimenti e occorrono garanzie dal principale player in Italia, garanzie sui livelli occupazionali e garanzie sulla filiera". Per Orlando, "senza programmazione e investimenti la transizione sarà un bagno di sangue. Va istituito un tavolo e, per affrontare questo passaggio storico, non possiamo fare gli errori del passato. Ci vuole una vera politica industriale. Tutti i protagonisti devono scoprire le carte. Lo Stato deve fare di più ma occorrono le garanzie del privato. Questa volta poi lo Stato ha le risorse, a differenza del passato". Infine, conclude il ministro. "è necessario garantire l’acceso all’elettrico a tutti, anche alle fasce più deboli della popolazione. Per questo ci vuole inclusività nella transizione".