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Anche l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo), lancia l’allarme sui salari. In un rapporto pubblicato il 25 novembre (titolo: Global Wage Report 2008/09), l’Ilo stima che la crisi economica globale porterà tagli salariali per milioni di lavoratori in tutto il mondo il prossimo anno. Sulla base degli ultimi dati del FMI, la previsione dell’Ilo è che la crescita globale dei salari reali raggiungerà nella migliore delle ipotesi l’1,1 per cento nel 2009, rispetto all’1,7 per cento del 2008, ma ci si aspetta una riduzione dei salari in numerosi paesi, comprese le principali economie. Nel complesso, la crescita dei salari nei paesi industrializzati dovrebbe scendere da +0,8 per cento del 2008 a -0,5 per cento del 2009.
“Per 1,5 miliardi di lavoratori dipendenti nel mondo, si profilano tempi difficili”, ha dichiarato Juan Somavia, Direttore Generale dell’Ilo. “La lenta o negativa crescita economica, combinata ad una elevata instabilità dei prezzi alimentari ed energetici, porterà all’erosione dei salari reali di molti lavoratori, in particolare nei nuclei familiari a basso reddito e più poveri. Anche la classe media sarà gravemente colpita”.
Il rapporto dell’Ilo mostra come questo quadro scoraggiante segua a un decennio nel quale i salari non hanno seguito il passo della crescita economica.
Secondo il rapporto, tra il 1995 e il 2007, per ogni punto percentuale in più nella crescita economica annuale del PIL procapite, i salari sono cresciuti in media solo dello 0,75 per cento su base annua. Di conseguenza, in quasi i tre quarti dei paesi la quota dei salari rispetto al PIL è diminuita.
Mentre, tra il 2001 e il 2007, l’inflazione risultava bassa e l’economia globale cresceva ad un tasso del 4 per cento l’anno, i salari sono aumentati solo del 2 per cento l’anno in oltre la metà dei paesi.
A livello regionale le differenze sono significative. La crescita dei salari reali non ha superato l’1 per cento nella maggior parte dei paesi sviluppati e dell’America Latina, raggiungendo tuttavia il 10 per cento o anche più in Cina, Russia e altri paesi in transizione.
Cresce il divario tra ricchi e poveri
Dal rapporto emerge anche che dal 1995 il divario tra salari più alti e più bassi è cresciuto in oltre i due terzi dei paesi indagati, raggiungendo in alcuni casi livelli sociali insostenibili. Tra i paesi sviluppati, la Germania, la Polonia e gli Stati Uniti sono i paesi nei quali questo divario è cresciuto più rapidamente. Anche in altre regioni la disuguaglianza è cresciuta (Argentina, Cina e Thailandia).
Alcuni dei paesi che sono riusciti a ridurre questo divario sono Francia e Spagna ma anche il Brasile e l’Indonesia, benché in questi ultimi due le differenze rimangano molto alte.
Per quanto riguarda il divario nei salari tra uomini e donne, la differenza ancora molto elevata si sta riducendo molto lentamente. Benché l’80 per cento dei paesi per i quali sono disponibili dei dati hanno visto un aumento del salario medio delle donne rispetto a quello degli uomini, l’entità del cambiamento rimane ridotta o anche insignificante. Nella maggioranza dei paesi, i salari delle donne rappresentano in media tra il 70 e il 90 per cento dei salari degli uomini, ma non è insolito trovare rapporti molto più bassi in altri paesi, in particolare in Asia.
“In questo contesto – si legge nel rapporto -, i governi sono incoraggiati ad impegnarsi maggiormente per la protezione del potere di acquisto dei lavoratori dipendenti e devono stimolare i consumi interni. Primo, le parti sociali dovrebbero essere sollecitate a negoziare misure per prevenire un ulteriore deterioramento della quota dei salari rispetto al PIL. Secondo, i salari minimi dovrebbero effettivamente proteggere i lavoratori più vulnerabili. Terzo, i salari minimi e la contrattazione salariale dovrebbero essere integrati dall’intervento pubblico, ad esempio con misure di sostegno al reddito”.
Il rapporto dimostra che il salario minimo e la contrattazione salariale possono essere efficacemente combinati. Una più intensa contrattazione salariale assicurerebbe un maggiore allineamento dei salari sulla crescita economica e contribuirebbe anche a ridurre le disuguaglianze salariali. Allo stesso tempo, salari minimi effettivi – fissando un minimo salariale - possono ridurre il divario nella metà inferiore della forbice dei salari, limitare i salari bassi e ridurre il divario di genere.
Lo studio dell’ILO rileva una riattivazione dei salari minimi negli ultimi anni in tutto il mondo, per ridurre le tensioni sociali derivanti dalle crescenti disuguaglianze. Globalmente, nel periodo 2001-2007, i salari minimi reali sono cresciuti in media del 5,7 per cento l’anno – contrariamente a precedenti periodi in cui il valore reale del salario minimo si era ridotto – e sono aumentati in rapporto al salario medio.