Lavoratori sottopagati, ostaggi di multinazionali o partecipate pubbliche che fanno e disfano a loro piacimento. Sono le decine di migliaia di addetti degli appalti e subappalti metalmeccanici dei grandi impianti petrolchimici e delle centrali elettriche, persone che rischiano di continuo di perdere il lavoro e i propri diritti. Dopo anni di "invisibilità" il 6 luglio scorso si sono presi la scena, attuando uno sciopero generale, il primo del settore nella storia italiana, indetto da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil. Uno stop molto partecipato (con punte di adesioni oltre il 90 per cento), con manifestazione nazionale a Roma e incontro col vice ministro allo Sviluppo economico Gilberto Picchetto Fratin, cui è stata rappresentata la loro difficile situazione, strappando al governo la promessa di uno specifico incontro a settembre sulla scorta di un report d’analisi e di proposte sindacali.
Cristian Modesto (Fiom Venezia) ci parla della situazione di Porto Marghera, alle prese con la chiusura del cracking e i probabili conseguenti 200 esuberi, mentre Stefania Ferrari (Fiom Modena) ci ricorda che “gli appalti sono la modalità con cui le imprese riescono a scaricare i costi sui lavoratori”. Mauro Macelloni (Fiom Livorno) illustra la necessità di garantire la “clausola sociale” a tutti i lavoratori, Sebastiano Corsico (Fiom Siracusa) racconta la continua perdita del lavoro nei “cambi appalti” al petrolchimico di Priolo, Alessio Sperandio (Fiom Civitavecchia) denuncia la riduzione del lavoro nelle nuove gare d’appalto indetta dalla centrale Enel.