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Si stenta a crederlo, eppure Poste Italiane è l’unica azienda in tutto il Paese a far pagare a lavoratori e lavoratrici le assenze a causa dell'alluvione. Non solo: non comunica nemmeno quanti sono i dipendenti coinvolti e per quante giornate, anche se i dati sono noti, visto che le buste paga di maggio e giugno sono state elaborate. “È una vergogna, non ci sono altre parole per descrivere ciò che sta succedendo. Vergogna”. Lo afferma assai arrabbiato e forse anche incredulo Romano Cioccotorto, segretario generale Slc Cgil di Forlì Cesena.
I fatti
Sono passati due mesi dall’alluvione che ha colpito la Romagna – le provincie di Ravenna, Forlì e Cesena –, giorni terribili non ancora superati. La paura in chi ha vissuto il mare di acqua e fango è sempre lì e sono sempre lì danni e disagi causati. Strade interrotte oltre che abitazioni invase. Molti i lavoratori e le lavoratrici di aziende pubbliche e private impossibilitati a recarsi a lavoro, per inagibilità viaria e dei luoghi di lavoro. Un mese dopo il governo ha approvato un decreto, il 61, che introduce la cassa integrazione straordinaria causa alluvione. Strumento poi utilizzato da aziende piccole e grandi, private e a partecipazione pubblica, per dare copertura ai propri dipendenti che erano stati impossibilitati a recarsi al lavoro. Tranne che da Poste.
L’azienda latita
“Più volte abbiamo chiesto a Poste di sapere il numero dei lavoratori e delle lavoratrici coinvolti e i giorni di assenza. Nessuna risposta”. Lo afferma sconcertato Antonio Rossa, segretario generale della Slc Cgil dell’Emilia Romagna, che aggiunge: “Sono molte le aziende del nostro settore, da Tim a Vodafone fino alle più piccole, con le quali abbiamo ‘contrattato’ gli strumenti più idonei a coprire le giornate di mancato lavoro causa alluvione. Con Poste non è stato possibile nemmeno dialogare”.
I dipendenti dell’azienda nei territori alluvionati sono circa 1.200, quelli che per qualche giorno (da uno a 10 circa) non sono riusciti ad andare al lavorare non si sa. Si stima siano una cinquantina ma Poste non fornisce nemmeno un numero che certamente conosce, visto che le buste paga sono state regolarmente emesse sia per maggio che per giugno.
Il sindacato si organizza
Saverio Monno è il segretario generale della Slc Cgil di Ravenna. Ci dice: “Sono almeno 20 lavoratori e lavoratrici nel mio territorio che per qualche giorno non sono andati a lavoro a causa dell’alluvione. Ma mapparli tutti è davvero difficile, da noi ci sono quelli con contratto a termine e con part-time verticali che è difficile contattare o che fanno fatica a parlare”. Come raggiungerli? La categoria provinciale ha messo a punto una sorta di questionario diffuso attraverso bacheca e strumenti di comunicazione interni in cui si chiede loro se hanno fatto assenze e come l’azienda le ha considerate.
Il gioco dell’assurdo
Pochi lavoratori coinvolti, poche le giornate perse e le risorse stanziate dal Governo per la cassa straordinaria. E le soluzioni potevano comunque essere anche altre. Ricorda infatti Cioccotorto che “In Poste esiste un Fondo di solidarietà da attivare in casi di emergenza costituito dai versamenti dei lavoratori. Ma quale emergenza ci può essere più di quella causata dall’alluvione?”, si domanda il sindacalista. Bastava sedersi attorno a un tavolo e concordare quale strumento utilizzare.
A domanda risponde
Più volte, nel corso di queste settimane, Slc Cgil nazionale ha chiesto a Poste Italiane come intendesse procedere. La risposta è arrivata solo l’11 luglio: no al ricorso agli ammortizzatori sociali previsti dal decreto 61, no all’attivazione del Fondo di solidarietà ma il ricorso a “permessi a recupero” per giustificare le assenze causate dall’alluvione. Insomma entro quattro mesi quelle giornate di lavoro mancate andranno restituite. Cornuti e mazziati si direbbe a Napoli, non solo vittime dell’alluvione: i dipendenti di poste coinvolti dovranno pagare di tasca propria le assenze.
Risposta inadeguata
Lo sottolinea Rossa: “È inammissibile che un’azienda dalle dimensioni, dalle disponibilità economiche e dal profilo sociale di Poste italiane rinunci ad attivare gli strumenti di maggior tutela esistenti e scarichi i costi di quelle drammatiche giornate su dipendenti già messi a dura prova da una tragedia immane. La nostra richiesta è che se Poste Italiane non ha voluto attivare gli ammortizzatori sociali messi a disposizione, allora deve coprire integralmente con risorse proprie le giornate in cui i lavoratori non hanno potuto prestare la propria opera”.
Occorre reagire
È arrabbiato davvero il segretario di Forlì Cesena: “Non ho mai conosciuto aziende che si comportano così male nei confronti dei propri dipendenti. Abbiamo fatto assemblee con i lavoratori sia a Forlì che a Cesena e abbiamo avuto mandato di indire la mobilitazione se non avremo risposte adeguate da Poste. Non è ammissibile che oltre ai danni dell’acqua e del fango debbano pagare anche per essere stati costretti ad assentarsi. Nessuno si rende conto di quella che è realtà del disastro”.
Solidarietà, a parole
Perché tanta rigidità e mancanza di empatia, oltre che di dialogo e normali relazioni sindacali è difficile da capire. Certo è che risulta davvero difficile comprendere perché per i manager di Stato che governano l’azienda siano così chiusi all’ascolto. La domanda che forse si potrebbe porre è, visto che quei manager sono di nomina governativa dove sono il ministro dell’Economia e la Presidente del Consiglio? Non sarebbe il caso che oltre alla solidarietà a parole agli alluvionati, suggerissero a Poste Italiane di attivare strumenti idonei per tutelare lavoratori e lavoratrici?