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Mentre il ministro Giorgetti vuol far cassa vendendo i gioielli di famiglia, tra questi anche Poste dimenticando che l’utile dichiarato per il solo primo trimestre di questo anno è di oltre 500 milioni di euro, di cui circa due terzi riconducibili alle azioni possedute dal pubblico, con un controvalore, quindi, di oltre 300 milioni di euro, vendere -quindi - vuol dire perdere i dividendi futuri, contemporaneamente l’Azienda e le organizzazioni sindacali hanno firmato quel che Nicola Di Ceglie, segretario nazionale della Slc Cgil, ha definito: “un accordo storico contro il lavoro povero”.
Poste italiane ha circa 130 mila dipendenti diffusi nei 14 mila uffici distribuiti su tutto il territorio nazionale, molti lavoratori e lavoratrici hanno contratti parti time, spesso involontario, o sono lavoratori e lavoratrici fragili. L’’accordo riguarda prima di tutto loro.
“L’intesa, che ha valenza triennale – fa sapere il sindacalista – prevede due grandi novità: la prima è l’innalzamento del turn over dal 40 al 75 per cento nel triennio. La seconda è la particolare attenzione rivolta ai contratti part time, il cosiddetto lavoro povero. Con questo accordo si prevede la possibilità di conversione a tempo pieno di tutti i part time presenti in azienda, sia volontari che involontari. Non era mai avvenuto prima che si arrivasse ad una ridefinizione così massiccia per l’intera platea interessata – chiarisce Di Ceglie – basti pensare che, solo nel 2024, sono previsti oltre 3400 passaggi da part-time a full time”.
La definizione del nuovo accordo è stata l’occasione per intervenire complessivamente sul sistema delle politiche attive del lavoro, introducendo novità importanti a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori più fragili, come ad esempio le salvaguardie per le conversioni full time a favore di inidonei al motomezzo e lavoratori affetti da gravi patologie o inabilità a seguito di infortunio; l’assunzione immediata e diretta delle lavoratrici in stato di gravidanza, mentre, in precedenza, avevano solo un diritto che si realizzava a fine maternità con perdita di anzianità retributiva e contributiva.
Anche questo accordo si inserisce a pieno titolo nell’impegno della Cgil tutta nel contrastare la precarietà. Impegno che parte della contrattazione e dall’attività sindacale ordinaria e che in questo periodo si è arricchito di nuovi strumenti come i 4 quesiti referendari per i quali si stanno raccogliendo le firme. I questi hanno come obiettivo quello del lavoro tutelato, dignitoso, stabile e sicuro.
Illustra, allora, Di Ceglie: “Non solo con l’aumento del tasso di turn over potremo garantire un numero maggiore di stabilizzazioni nel triennio ma consideriamo un grande risultato aver convinto l’azienda a procedere con assunzioni solo full time”.
“Questa intesa è giunta al termine di una serrata trattativa in cui abbiamo fatto valere le ragioni del lavoro – conclude il segretario Slc – ed è dunque il risultato di una battaglia di civiltà, perfettamente in linea con quelle della Cgil che in questo momento è impegnata nella raccolta firme per i referendum. Sappiamo che questo è solo l’inizio, molte cose sono ancora da sistemare, ma l’accordo segna un passo decisivo nella giusta direzione”.