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La più grande azienda sanitaria d'Italia è in grave difficoltà. Al Policlinico Umberto I° di Roma ci sono "700 posti di lavoro a rischio, salari in bilico e accordi disattesi. È ora di cambiare passo,la struttura va rilanciata dopo anni di errori gestionali". Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl di Roma e Lazio annunciano lo stato di agitazione del personale, composto di 2 mila dipendenti diretti cui si aggiungono 700 lavoratori esternalizzati, denunciando "una situazione insostenibile, dettata da scelte manageriali che stanno mettendo in crisi l'organizzazione del Policlinico". Una prima assemblea è fissata per martedì 8 gennaio (alle ore 12.30), in quell'occasione verrà decisa la data dello sciopero.
Il personale ha già scioperato il 14 dicembre "per aver riconosciuto - spiegano i sindacati - il diritto al lavoro messo in discussione dalla direzione del Policlinico, nell'assoluto silenzio della Regione Lazio". I segretari di Fp Cgil (Natale Di Cola), Cisl Fp (Roberto Chierchia) e Uil Fpl di Roma e Lazio (Sandro Bernardini) evidenziano di aver firmato a settembre "un accordo per far ripartire l'azienda. Ma all'impegno dei lavoratori non è seguita alcuna risposta da parte del Policlinico. La riorganizzazione del personale continua a essere decisa in modo errato e unilaterale, sul regolamento della performance aziendale non si fanno passi avanti, sulla contrattazione non si rispettano le regole né i tempi, con il rischio di una sospensione generalizzata del salario accessorio. Dobbiamo fermare questa deriva".
La nuova direzione, a giudizio dei sindacati, non ha portato a cambiamenti positivi. "Ha proseguito con lo stesso atteggiamento, e i risultati sono sotto gli occhi di tutti: ne fanno le spese i lavoratori e i servizi, che non sono certo migliorati", proseguono Di Cola, Chierchia e Bernardini: "Vogliamo una vera riorganizzazione del lavoro, una seria politica per la produttività e misure concrete per valorizzare le competenze e far ripartire i percorsi di cura e assistenza". I sindacati pongono anche la questione dei lavoratori esternalizzati, che "dopo anni di servizio vedono il proprio posto di lavoro a rischio per la mancanza di criteri certi nella gestione del personale".