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Un proverbio partenopeo recita: “Chiacchiere e tabacchiere di legno non si accettano al Banco di Napoli”. Pietro Colapietro, da poco eletto segretario generale del Silp Cgil, lo esplicita quando afferma che di slogan non se ne può più: per garantire sicurezza, non per rispondere agli allarmi creati ad arte, servono assunzioni e risorse per la formazione del personale.
Mercoledì 16 novembre il ministro dell'Interno Piantedosi ha riferito in Parlamento sulla vicenda immigrazione. Qual è il tuo commento?
La questione dell’immigrazione non si può affrontare come è stato fatto. Serve cooperazione e coordinamento, altrimenti si va a sbattere. È un problema che riguarda l’Europa, non solo l’Italia e non si può affrontare né con le prove di forza né con i blocchi navali ai quali noi siamo fermamente contrari. Occorre cercare di lenire le sofferenze che questo fenomeno genera, da cui quel fenomeno si origina. Non si può affrontare bloccando le navi, altrimenti si parla alla pancia. La risposta non può che essere europea, certo non creando lager come accade in Libia o blocchi navali per non farli partire. Il governo italiano e quelli europei devono saper coniugare il bisogno di sicurezza dei cittadini con la necessità di accogliere e integrare chi fugge da destini atroci.
Però i cittadini e le cittadine italiane esprimono un bisogno di sicurezza...
Il bisogno di sicurezza è giusto purché sia reale. Non bisogna creare allarmi laddove gli allarmi non ci sono. Ricordiamoci che per fortuna siamo in presenza di un abbattimento del numero dei reati: spesso l'esigenza di sicurezza è indotta da allarmismi infondati, non è questa la giusta direzione. Noi dobbiamo garantire una sicurezza vera, quella che crea tutela dei diritti, soprattutto dei cittadini più fragili. Sicurezza non è quella che militarizza le strade o che si fa con operazioni di grande impatto, che hanno solo un costo e non lasciano nulla di strutturato.
Allora di cosa ci sarebbe bisogno, dal vostro punto di vista? Dal punto di vista di chi si occupa di garantire la sicurezza dei cittadini e delle cittadine.
La priorità è il controllo del territorio, dove serve la presenza di donne e uomini delle forze di polizia. "Polizia tra la gente" è il nostro storico slogan. Solo così possiamo essere in grado di fare opera di prevenzione. Per far questo servono assunzioni. Poi sono necessari investimenti, innanzitutto in formazione. La polizia troppo spesso si trova nella condizione di dover gestire le emergenze e garantire l’ordine pubblico. Questo è un aspetto, ma non può diventare primario. Serve una politica che sia attenta ai bisogni delle persone, evitando di trasformare i problemi sociali esclusivamente in problemi di ordine pubblico. La sicurezza vera per i cittadini si costruisce gestendo le politiche abitative, lavorando la meglio sulle questioni dell’immigrazione, affrontando il disagio. Servono quindi interventi politici che costruiscano inclusione, socialità come risposta ai diversi disagi.
Lo ricordavi, esiste un problema che riguarda le risorse e il personale. Avete avuto un incontro con il governo, quali sono le questioni più urgenti che avete posto?
Innanzitutto il contratto: quello per i ruoli non dirigenziali è scaduto da undici mesi e quello per l’area dirigenziale, nata nel 2018, non è mai stato varato. Questa sciatteria rispetto al contratto dà il senso della poca considerazione che si ha del settore. Le parole non servono, servono gli atti concreti. Chiediamo di negoziare la sicurezza, gli operatori hanno bisogno di capire se c'è rispetto per la loro professionalità e per i compiti istituzionali oppure no. Di slogan non sappiamo cosa farcene, la campagna elettorale è finita. Adesso il governo deve rendere concreto ciò che ha promesso. Servono assunzioni, salvaguardia delle pensioni, diritti e benessere personale. Come si lavora, quanto si lavora è di fondamentale importanza. E poi, l’ho detto ma ci tengo a sottolinearlo, occorre un investimento forte sulla formazione. Tanto si è fatto, ma occorre fare ancora di più.
Parliamo un momento della quantità di personale. Si fa presto a dire più poliziotti nelle strade, ma l'organico è sufficiente?
Siamo sotto del 15% rispetto agli organici previsti. La situazione si aggrava perché perdiamo per collocazione in quiescenza dalle 2.000 alle 3.000 persone l’anno. Per alcuni ruoli, penso ad esempio agli ispettori, questi numeri sono ancora più impietosi. Non bastano assunzioni, occorre un piano straordinario di assunzioni, non si può assolutamente far passare i concorsi già previsti come straordinari. D'altronde c'è anche un problema. Nel 2004 Tremonti, lo ricordiamo tutti, fece un’operazione che andò sotto il nome di cartolarizzazione. In sostanza si vendettero una serie di immobili pubblici per far cassa, tra questi anche le scuole dove si formavano i poliziotti. Il risultato è che oggi non abbiamo più strutture per ospitare gli allievi e formarli. Anche a questo bisogna trovare una soluzione.
In conclusione, qual è il messaggio che lanciate al governo?
La sicurezza è un bene di cui tutti i cittadini e le cittadine hanno bisogno, nessuno escluso. È un bene prioritario e ci vogliono degli investimenti seri. Il rischio, oggi come ieri, è quello di sentir ripetere sempre gli stessi slogan. E poi arrivano tagli, disattenzioni, messaggi sbagliati che vanno nella direzione opposta rispetto a quella di dare una sicurezza reale. Chiediamo che ci sia un impegno fattivo ed effettivo di attenzione verso gli operatori e le operatrici di polizia, per la specificità del lavoro che viene svolto. Attenzione come donne e uomini, impegnati direttamente in un segmento importante qual è la sicurezza del Paese.