PHOTO
“Negli ultimi incontri i vertici aziendali non avevano comunicato alcuna ipotesi di chiusura dello stabilimento”. Per Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil, dunque, martedì 14 gennaio la notizia è giunta inaspettata: il 31 marzo la Lafert chiuderà lo stabilimento di Fusignano (Ravenna), con il conseguente licenziamento collettivo dei suoi 60 dipendenti.
Immediata la protesta di lavoratori e sindacati: l’assemblea del personale, che si è tenuta mercoledì 15 gennaio, ha proclamato lo stato di agitazione e un pacchetto di 24 ore di sciopero. Le prime due ore di stop si sono svolte mercoledì 15 gennaio, dalle 10 alle 12. A breve verranno decise le altre iniziative di mobilitazione.
Lo stabilimento romagnolo, anche noto come “ex Icme”, è specializzato nella produzione di motori elettrici asincroni monofase e trifase a bassa personalizzazione. All’inizio del 2023 l’impianto è stato incorporato per fusione all’interno della Lafert, società con sede a San Donà di Piave (Venezia), a propria volta dal 2018 parte della multinazionale giapponese Sumitomo Heavy Industries.
Azienda: “Ordini in flessione e forte concorrenza estera”
“La decisione va nella direzione di saturare la capacità produttiva di San Donà, toccata da un calo di volumi che registriamo ormai da un anno e mezzo”, spiega l’amministratore delegato Cesare Savini: “Il fenomeno è determinato da una flessione degli ordini, in particolare per i motori elettrici per applicazioni industriali, per cui non prevediamo una ripresa nel corso del 2025”.
Il gruppo Lafert ha sei siti produttivi: quattro in Italia (San Donà di Piave, Fusignano, Bologna e Noventa di Piave, sempre nel Veneziano), uno in Slovenia e uno in Cina. Ha inoltre sei filiali commerciali in Europa, Nord America e Asia.
L’amministratore delegato rileva che “la fascia di prodotto realizzata a Fusignano è stata particolarmente colpita dalla concorrenza estera, soprattutto dalla Cina, che grazie a un hub europeo ha abbattuto i tempi di consegna. Questo, unito a fattori di mercato sfavorevoli, ci ha costretto a prendere una decisione tanto dolorosa quanto necessaria”.
Savini così conclude: “Vogliamo fare tutto il possibile per sostenere i lavoratori e le loro famiglie in questa difficile transizione. Stiamo lavorando con le parti sociali per individuare soluzioni che favoriscano la ricollocazione presso altre realtà produttive del territorio, utilizzando tutti gli strumenti a nostra disposizione”.
Sindacati: “Situazione drammatica, indette 24 ore di sciopero”
“A partire dal 2023 e fino a dicembre 2024, a causa di un calo degli ordini, è stata attivata la cassa integrazione ordinaria, con un’incidenza di circa sei giorni al mese”, spiegano Fiom, Fim e Uilm: “Negli ultimi incontri i vertici aziendali non avevano comunicato alcuna ipotesi di chiusura dello stabilimento. Anzi, avevano sempre rassicurato sul fatto di impegnarsi per recuperare competitività e produttività per il sito produttivo”.
I sindacati evidenziano che “il ricorso alla cassa integrazione ordinaria si era esaurito, per decisione dell’azienda, negli ultimi mesi del 2024, nonostante fossero a disposizione della Lafert ancora diverse settimane dell’ammortizzatore sociale”.
Fiom, Fim e Uilm rilevano che “ora invece, con la chiusura della struttura di Fusignano, l’azienda trasferirà la sua produzione nel quartier generale di San Donà di Piave, di fatto lasciando senza prospettive 60 persone e le loro famiglie, che comprensibilmente sono state travolte da questa notizia inaspettata”.
Le tre sigle metalmeccaniche così concludono: “La situazione è drammatica, ci sono casi con marito e moglie entrambi dipendenti dell’azienda. Ci impegneremo per tutelare i lavoratori con tutti i mezzi a nostra disposizione e coinvolgendo anche le istituzioni locali e regionali, con l’obiettivo di far ritornare sulla propria decisione un’azienda solida che ha tutte le possibilità e capacità di superare un periodo di difficoltà”.