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Sono migliaia gli addetti che in queste settimane continuano a garantire il trasporto di persone e merci nel nostro Paese. Un esercito di donne e uomini che ogni mattina si alza, esce di casa e prende servizio, arrovellandosi il cervello tra il timore di rimanere a casa per il rischio di contrarre il Coronavirus o di perdere il proprio posto di lavoro. Questioni che non fanno dormire sonni tranquilli al segretario generale della Filt Cgil, Stefano Malorgio, impegnato, come il resto del sindacato, nella difesa della salute dei lavoratori e dell'occupazione.
Gli addetti dei trasporti sono di certo tra quelli in prima linea nel garantire i servizi primari per gli spostamenti. Sono stati raggiunti standard di sicurezza accettabili?
Stiamo lavorando con il ministero dei Trasporti per realizzare un protocollo integrativo rispetto a quanto stabilito il 14 marzo scorso da parti sociali e governo. L’obiettivo è quello di inserire alcune peculiarità ancora non previste per il nostro settore. C’è ancora difficoltà a garantire l'approvvigionamento dei dispositivi di protezione individuale necessari e questo alimenta forti tensioni tra i lavoratori. Stiamo provando a raggiungere degli accordi per consentire un considerevole rallentamento dei servizi per poter mettere in campo migliori misure di sicurezza. È chiaro che, lavorando a pieno regime, non si riesca a garantire la salute di lavoratori e cittadini.
Voi continuate a garantire lo spostamento di merci e persone e ogni comparto ha le sue specificità. Proviamo a gettare uno sguardo per capire quali sono le principali criticità per la vostra categoria?
L’80% del comparto aereo è fermo. Sicuramente è il settore maggiormente colpito dal punto di vista occupazionale e dell’operatività. Il trasporto pubblico locale soffre le limitazioni all’utilizzo nelle nostre città, con l’aggravante che l'emergenza sanitaria va ad aggravare crisi societarie preesistenti come per esempio quelle di Atac a Roma e Anm a Napoli. Fermo anche il trasporto ferroviario: parliamo di 12 mila persone non più operative perché i Frecciarossa sono stati quasi tutti soppressi: ci rimangono soltanto 7 coppie di treni alta velocità e altrettante di convogli Intercity, mentre il trasporto regionale sconta la riduzione di 4 collegamenti su 5. C'è poi il segmento marittimo: le crociere, come è possibile immaginare, sono completamente ferme. Anche qui il Coronavirus va ad aggravare una crisi iniziata tempo fa: sono in corso le procedure concorsuali del gruppo Onorato Armatori che rischia di far colare a picco almeno 5 mila posti di lavoro di operatori impiegati sulle 63 navi delle flotte Moby, Tirrenia e Toremar. A questo quadro va aggiunta la situazione drammatica di Autostrade per l'Italia: con la discussione ancora in ballo sul futuro della concessione, le banche hanno chiuso tutti i rubinetti e la crisi di liquidità viene acuita dalla enorme riduzione del traffico. Un gruppo che sostanzialmente rischia di scomparire, trascinando con sé anche Atlantia e Aeroporti di Roma.
Se il trasporto delle persone sta vivendo una severa battuta di arresto, al contrario c’è stata un’impennata dei volumi di merci movimentate
Parliamo di un settore sempre più essenziale per la catena dell’approvvigionamento dei cittadini. Pensiamo all'agroalimentare, alla catena del fresco, a medicinali e carburanti, a tutta la filiera merceologica che ci tiene in piedi come Paese. Qui abbiamo due livelli di difficoltà: da una parte la solita scarsità di guanti e mascherine, dall’altra l’aumento esponenziale dell'e-commerce con driver e magazzini arrivati a raddoppiare la produzione. Per gli addetti stiamo chiedendo un abbassamento dei ritmi di lavoro che passi per una selezione prioritaria delle merci da consegnare. Se questo non verrà fatto, ci troveremo presto in una condizione non compatibile con la normativa sulla sicurezza, mentre rischierà di subire rallentamenti la consegna delle merci essenziali.
Tra le questioni urgenti, c’è in ballo una norma che potrebbe portare nuove deroghe agli attuali tempi di guida e riposo dei driver
Un provvedimento che rischia di diminuire la sicurezza sulle strade e sul lavoro: ci sono state delle dichiarazioni molto preoccupanti da parte dell’esecutivo e bisognerà impedire che questa concezione aggravi ulteriormente le condizioni di sicurezza degli autisti. Un’eventualità non ancora del tutto scongiurata. Il provvedimento non è stato inserito nell’ultimo decreto, ma temiamo possa emergere con un provvedimento ad hoc.
La Filt come giudica il decreto Cura Italia?
Il nostro giudizio è positivo. Si tratta di un primo passo importante che offre soluzioni a criticità come quelle di Alitalia e del settore aereo. Mi pare che le norme varate consentano di traghettare la vicenda dell’ex compagnia di bandiera fuori dall’attuale crisi sanitaria ed economica. Però mancano ancora tutta una serie di strumenti per fornire una boccata di ossigeno all'intero settore dei trasporti, attraverso gli ammortizzatori sociali e alimentando i fondi specifici del nostro comparto. Oggi la cassa integrazione c'è per tutti, ma il settore dei trasporti prevede una crisi di lunga durata, quindi non consideriamo sufficienti i provvedimenti fin qui adottati. Abbiamo la necessità di interventi più strutturali. Ovviamente nessuno poteva immaginare una crisi di questa natura e portata, ma alla quale sarà necessario fornire risposte con i prossimi interventi dell’esecutivo.
Alla luce di quello che sta accadendo, quanto sarebbe necessaria una compagnia di bandiera per il nostro Paese?
È evidente che in una condizione come questa, sono proprio le compagnie di bandiera a garantire i collegamenti interni e con il resto del mondo. Pensiamo alle ferrovie: il fatto che si tratti di un’azienda pubblica, ha consentito di mantenere in piedi il servizio anche in una condizione di difficoltà. Al contrario, un privato avrebbe potuto decidere di chiudere tutto. La stessa cosa dicasi per Alitalia. Allargando il ragionamento al trasporto delle merci – essenziale per l’economia di questo paese – l'assenza di un player italiano fa sì che manchi la leva per poter intervenire e regolare meglio il settore, anche dal punto di vista delle condizioni professionali. Questo si riverbera non solo nelle consegne al dettaglio ma anche nella gestione dei porti e delle società operanti nei nostri scali. Per questo motivo, quando questa crisi sarà finita, speriamo si possano fare alcune considerazioni su quelli che sono i settori strategici per lo Stato e su come intervenire per garantire migliori condizioni di sviluppo.