Suscitano preoccupazione i risultati dell’indagine condotta dalla Cgil Milano sulle transizioni occupazionali attraverso il Servizio di orientamento al lavoro e lo sportello Politiche attive del lavoro, analizzando le esperienze dei disoccupati tramite laboratori collettivi e questionari somministrati ai percettori di Naspi e Discol che si sono rivolti al patronato Inca Cgil. L’indagine è stata curata da Rocco Dipinto, dipartimento Mercato del lavoro, con l’analisi di 3.800 questionari pervenuti tra febbraio 2022 e febbraio 2024. 

Dalla ricerca emergono dati preoccupanti sulla qualità dell’offerta di lavoro: i rispondenti denunciano criticità sul piano professionale, contrattuale e retributivo, accompagnate da una diffusa sensazione di disallineamento tra domanda e offerta di lavoro. Un ulteriore dato potrebbe confermare la ricerca di una nuova qualità del lavoro: in un anno, nella Città Metropolitana di Milano, il 60% delle cessazioni di rapporti di lavoro riguarda persone che hanno lasciato un tempo indeterminato, spesso senza alternative concrete.

Valentina Cappelletti, segretaria della Cgil Milano, constata “una generale sofferenza rispetto alla percezione che la presa in carico offerta dal percorso delle politiche del lavoro sia assai poco personalizzata, che ci sia quindi una spinta alla standardizzazione e ai risultati quantitativi della presa in carico che lascia piuttosto disorientate le persone con una percezione piuttosto bassa di efficacia del sentirsi accompagnate. Anche nei confronti della dell'offerta formativa disponibile e accessibile la valutazione è piuttosto di insoddisfazione”.

Un quadro dai toni precari

Per quello che riguarda gli esiti della rioccupazione, “alcune persone appartengono al gruppo di chi ha perso il lavoro, è andato in disoccupazione, si è rioccupato, ma ha di nuovo perso l'occupazione perché si è rioccupato in condizioni di lavoro fragili e e non stabili, quindi con contratti a termine, somministrazione a tempo determinato – afferma cappelletti -. Non viene mai granché considerata l'opzione del reimpiego nella forma del lavoro autonomo che si considera sempre un'opzione poco solida e poco perseguibile.

Poi c’è il gruppo delle persone che invece quando sono sono state ricontattate anche mesi dopo il primo contatto dichiaravano di essere rioccupate in maniera un po' più stabile e più duratura. Qui è stato indicato un altro tipo di criticità rispetto all'abbassamento delle proprie aspettative in materia di reddito: più della metà si sono sentite nella condizione di dover accettare un nuovo lavoro con condizioni di retribuzione inferiori rispetto a quello precedente. Questo dal punto di vista della percezione della stabilità e quindi della connessione tra il benessere ritrovato e il nuovo lavoro ritrovato” pone il problema di sentire di non avere il controllo della propria vita”.

Durante la presentazione dei dati, il 4 febbraio, sono state portate testimonianze di persone con età e profili professionali molto diversi gli uni dagli altri altri, ma tutte caratterizzate dal fatto di essere oggi occupate, di avere un profilo professionale medio, se non medio alto, ma “di essere passati attraverso una transizione lunga, oppure di essere ancora dentro una transizione che ha le caratteristiche della precarietà e questo non è dovuto alle proprie competenze professionali, ma alle caratteristiche della domanda di lavoro del loro del loro settore”.

Lavoro somministrato 

“È chiaro – commenta Cappelletti – che in questo caso le politiche attive del lavoro da sole non fanno assolutamente niente, perché lavorando sull'offerta di lavoro e non sulla domanda non c'entrano l'obiettivo. Il Nidil ci ha consentito di riflettere sulle caratteristiche del lavoro in somministrazione in Lombardia e nella città di Milano: un terzo della somministrazione nazionale è in Lombardia e la metà di questo terzo è a Milano, quindi vuol dire che il nostro mercato ha una domanda di lavoro in somministrazione molto spinta che ha la caratteristica di virata verso l'ulteriore forma della precarizzazione, attraverso la combinazione fra il lavoro in appalto e la somministrazione a tempo indeterminato, o staff leasing, che consente alle imprese e alle pubbliche amministrazioni di avere a disposizione un segmento della propria forza lavoro verso la quale si è completamente deresponsabilizzati perché rimane costantemente sotto la responsabilità della agenzia per il lavoro”.

Non solamente, un’altra caratteristica riguarda la condizione della retribuzione. “C'è un obbligo di legge – spiega la sindacalista – circa la parità di trattamento fra lavoratori impiegati in somministrazione e lavoratori direttamente assunti. Bene, far rispettare questo vincolo che è di legge è talmente difficile che da un lavoro di indagine fatto da Nidil emerge che più del 90 % dei lavoratori evidenzia problemi di mancato rispetto della parità di trattamento. È chiaro che questo tipo di forza lavoro, anche quando è occupato con contratti di lavoro a tempo indeterminato, è esposto a un rischio di sfruttamento altissimo”. 

C’è chi dice me ne vado

L'ultimo l'ultimo squarcio che offerto dall’indagine riguarda il tema della mobilità volontaria, persone che volontariamente lasciano un'occupazione per dirigersi verso una a un nuovo posto di lavoro. Le dimissioni volontarie nel territorio di Milano sono orante ad avere numeri molto importanti: “Nei primi 9 mesi del 2024 sono state più di 220.000 e 7000 di queste riguardano dipendenti della pubblica amministrazione – spiega Cappelletti -. 

A Milano le caratteristiche del mercato del lavoro hanno sempre consentito una mobilità da posto a a posto molto consistente, ma il dato sulla pubblica amministrazione è piuttosto nuovo e ci dice di una sofferenza specifica nell'incrocio fra la fatica che si fa e l'investimento che bisogna fare su di sé per entrare nei meccanismi di selezione della pubblica amministrazione, oltre all’insoddisfazione derivante o dalla remunerazione insufficiente in relazione al costo della vita milanese, o da percorsi di carriera difficili, o da manisoni che espongono a un faticoso contatto con il pubblico”.

Tre spaccati, una conclusione

“Abbiamo messo insieme i dati su disoccupazione involontaria, disoccupazione volontaria e lavoro in somministrazione e abbiamo concluso che la dimensione dello sfruttamento nel mercato del lavoro della nostra città sta crescendo e questo spiega perché i tassi di occupazione salgono, ma non lo stesso fanno le retribuzioni. Il delta è una produttività che le persone rilasciano nel mercato, ma che non viene remunerata. Inoltre l’indagine ci dà modo di provare a lavorare per fare rappresentanza", afferma la segretaria della Cgil Milano.

Nell’individuare le cause delle disfunzioni che producono precarietà e situazioni lavorative non soddisfacenti per retribuzioni e qualità del lavoro, Cappelletti conclude: “Le attuali politiche attive del lavoro possono fare ben poco, perché servono invece politiche della domanda e una regolazione del mercato del lavoro radicalmente diversa da quella che abbiamo oggi, perché è chiaro che, se la domanda di lavoro è malata di iperflessibilità, le persone continueranno a incontrare nei propri percorsi contratti di lavoro che li esporranno sempre al rischio della disoccupazione”.