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“Stupisce che chi ha responsabilità di governo, a livello locale o nazionale, si esprima con sconcertante disinvoltura sulla chiusura dell’area a caldo del centro siderurgico tarantino, proprio mentre si concretizza l’ipotesi di una partecipazione dello Stato alla compagine proprietaria della ex Ilva, insieme ad ArcelorMittal”. A parlare è il segretario confederale della Cgil Emilio Miceli, di fronte al susseguirsi, in queste ore, di dichiarazioni di amministratori locali ed esponenti politici in merito al futuro dello stabilimento ex Ilva di Taranto.
“Nessuno può né deve mettere in discussione la prospettiva della fuoriuscita dal carbone”, afferma il sindacalista: “In questo senso, tutte le tecnologie, a partire dal quelle collegate all’idrogeno, saranno il cuore della nuova produzione. Ma oggi il passaggio è delicato e va gestito con estrema responsabilità. Esso riguarda non solo i volumi della produzione, ma l’occupazione e la stessa governance dell’azienda”.
Ecco perché per il segretario confederale è indispensabile essere consapevoli che “l’eventuale decisione di cessare le attività industriali nell’area a caldo del sito tarantino equivarrebbe a decretarne un ridimensionamento fatale in termini occupazionali e produttivi. La sola produzione da forno elettrico non sarebbe in grado di assicurare volumi sufficienti a occupare tutta la manodopera oggi in forza, né di fornire i prodotti che oggi Taranto può garantire, in qualità e quantità”.