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È ancora sciopero nel distretto del marmo di Carrara. Il quarto giorno con le braccia incrociate per i lavoratori delle apuane, che oggi (12 luglio) hanno ancora una bloccato l'ingresso alle cave e, nel giorno dell'incontro con la Confindustria locale, sono scesi in corteo per le strade della città. Sono rimasti chiusi anche laboratori e segherie. La protesta è scoppiata dopo la rottura del tavolo delle trattative per il rinnovo del contratto provinciale del settore. I sindacati chiedono la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, o un aumento in busta paga rispetto al vecchio contratto provinciale del settore lapideo. Gli industriali non accettano nessuna delle due ipotesi.
13 luglio- il corteo dei lapidei di Carrara
Nella città nella cui piazza principale spicca il grande monumento di Alberto Meschi, il sindacalista anarchico che nel 1911 ottenne la riduzione a sei ore e trenta minuti della giornata dei cavatori, oggi si ritorna a parlare di tagli all’orario mantenendo intatte le buste paga. Una battaglia dal sapore antico, ma oggi più che mai attuale. “Con la tecnologia, i ritmi di escavazione sono cresciuti a dismisura, così sono aumentati il materiale estratto, i fatturati e i profitti. L'unica cosa che non aumenta sono i posti di lavoro. È inaccettabile”, dice il segretario provinciale della Cgil Carrara Nicola Del Vecchio.
E a dare forza alle rivendicazioni dei lavoratori ci sono anche i numeri forniti dall’Istituto studi e ricerche dell'ormai ex Camera di commercio di Massa-Carrara (dal primo luglio è confluita nel nuovo ente camerale della Toscana Nord-Ovest, ndr). Il marmo delle Apuane macina record: nel 2021 le vendite verso l’estero sono cresciute di 324 milioni di euro (+68%), l’escavato complessivo è stato di 3.137.933 tonnellate (+11,5%).
La questione, però, è sociale oltre che economica e contrattuale. Continua Del Vecchio: “Dobbiamo aumentare l'attenzione sulla ridistribuzione della ricchezza in questo territorio, e sulla necessità di un diverso equilibrio tra il bene marmo e la comunità di Carrara, che rischia di avere ricadute solo negative dal distretto. Parliamo di ambiente, di paesaggio, e di sicurezza. Diminuire le ore di lavoro significa anche interrompere l'escalation d'incidenti, anche mortali, che qui si verifica da anni”.
Un primo risultato, in ogni caso, i sindacati, lo hanno già ottenuto ieri. Gli industriali hanno infatti accettato di anticipare il tavolo. Ieri sera s'erano presentati al Municipio di Carrara con una delegazione capeggiata dal numero uno della Confindustria Matteo Venturi. Gli animi si sono però scaldati quando mancavano pochi minuti alle 21, così la delegazione sindacale è scesi per confrontarsi con i lavoratori in presidio. E si è deciso di continuare la protesta. “È una forma di lotta tipica carrarina – commenta il segretario della Fillea locale Leonardo Quadrelli -, scioperare fino alla fine, fino alla firma del contratto. Ma oggi noi stiamo facendo qualcosa di più, perché Carrara è il marmo e il marmo è Carrara. Per la prima volta stiamo combattendo una battaglia per cambiare un paradigma: non ci occupiamo solo questioni economiche o politiche, ma pensiamo alla qualità della vita dei lavoratori. Una lotta che abbiamo iniziato proprio qui, perché le cave sono un settore ricco ma offrono un lavoro duro e rischioso. Uscire un'ora prima è fondamentale, può salvarti la vita. Sono fiero della perseveranza che i cavatori stanno dimostrando, e della risposta dell'intera comunità cittadina”.
La piattaforma presentata dai sindacati, in effetti, è molto articolata, ma l'obiettivo è collettivo: lavorare meno e aumentare i posti di lavoro in un settore, come quello dell'oro bianco delle Apuane, che non conosce crisi. “Il marmo – conclude Del Vecchio – è un bene da cui tutta la comunità deve trarre vantaggi. Oggi la maggior parte ne subisce i problemi, e una piccola parte ci guadagna sfacciatamente. Bisogna puntare a un filiera vera, a un indotto degno di questo nome, così che il marmo sia una ricchezza effettiva per tutto il territorio”.