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Una riduzione di personale entro giugno di 550 dipendenti su un totale in Italia di 7.900 occupati, circa il 12% dei 4661 dirigenti, quadri, impiegati e operai cosiddetti indiretti, ossia non addetti alla produzione. Questo l’annuncio del gruppo Marelli ai sindacati, nel corso dell’incontro che si è tenuto giovedì 27 gennaio a Roma, dove la società di automotive ha illustrato la situazione di mercato e del gruppo in Italia, nonché la strategia che intende adottare per affrontare la fase di difficoltà.
“Per quanto concerne il mercato di riferimento, a pesare non è solo il calo delle vendite di auto che anche nel 2022 resterà inferiore ai livelli pre-Covid, ma anche la riduzione della produzione, la crisi di approvvigionamento dei microchip e il forte rincaro delle materie prime e dell’energia”, spiegano Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr: “In ogni caso nel 2022 ci saranno 77 milioni di euro d'investimenti che però non bastano ad affrontare la transizione, in particolare negli stabilimenti legati a prodotti di motori endotermici”.
La direzione di Marelli per reagire alla difficoltà ha dichiarato che “procederà innanzitutto con la semplificazione delle strutture, anche passando da dieci business unit a sei divisioni, così da abbatterne i costi a un livello paragonabile alla concorrenza. Inoltre, ha dichiarato la necessità di perseguire una grande flessibilità e di ridurre i costi di consulenze esterne”.
Molto variegata è la situazione dei carichi di lavoro, con “le divisioni Automotive Lighting ed Electronics che hanno rilevanti carichi di lavoro, con la Powertrain tradizionale, la Ride Dynamics e la Green Technology Systems che invece continueranno a fare ricorso agli ammortizzatori sociali, e con la E-Powertrain che purtroppo non sarà del tutto esente dal ricorso agli ammortizzatori sociali”.
Veniamo ora al “Piano salvaguardia Marelli”, che prevede appunto 550 esuberi. La società ha dichiarato che “è disponibile a concordare strumenti basati sulla volontarietà o che comunque escludano i licenziamenti, quali il contratto di espansione che consentirebbe un’uscita finalizzata alla pensione a 350 persone cui mancano cinque anni per il conseguimento del relativo diritto, esodi incentivati e volontari indipendenti dal raggiungimento della pensione, blocco del turn over e infine accordi con partner strategici per trasferire specifiche attività e rami di azienda”.
Per i sindacati, a parte “quest’ultimo strumento su cui esprimiamo una diffidenza di principio, sugli altri c’è la necessità di procedere prima al confronto di merito sul piano strategico con due obiettivi: ruolo strategico di Marelli in Italia e investimenti necessari per sostenere il piano”. Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr rilevano che “solo così si può aprire a un percorso che possa portare a siglare accordi con incentivi congrui per i lavoratori e con una mobilità interna in grado di valorizzare le professionalità presenti in azienda”.
Le sigle metalmeccaniche chiedono anche “di favorire il passaggio strutturale dei lavoratori da quelle divisioni che sono colpite dal processo di elettrificazione a quelle che invece stanno crescendo, ciò in particolare nei territori in cui sussistono molteplici realtà come Bari e Torino. Al riguardo abbiamo ottenuto una risposta positiva che confidiamo sia seguita da un confronto continuativo in sede territoriale. Dovremo inoltre trovare missioni che evitino sul lungo periodo la chiusura di quegli stabilimenti che sarà necessario in futuro convertire a causa del processo di elettrificazione”.
Fiom Cgil, Fim Cisl, Uilm Uil, Fismic, Uglm e Aqcfr così concludono: “Su queste basi e a condizione di avere ulteriori chiarimenti sulle prospettive di tutte le divisioni, abbiamo espresso la nostra disponibilità ad aprire un confronto. È evidente che l’atteggiamento impassibile del governo sta mettendo a dura prova la tenuta di un intero settore. C’è bisogno urgente di avviare il tavolo sull’automotive per aprire il confronto su come affrontare la transizione tecnologica”.