Davanti a palazzo Montecitorio a Roma per dire no allo slittamento dell’entrata in vigore della riforma dello sport. E per chiedere di essere trattati con dignità, come meritano. La prima volta in piazza dei lavoratori sportivi ha visto una manifestazione di protesta il 1° luglio indetta dalle federazioni sindacali di categoria Slc Cgil, Nidil Cgil, Fisascat Cisl, Felsa Cisl, Uilcom Uil e Uiltemp Uil, per fare un appello ai parlamentari: dare piena attuazione alla normativa approvata a febbraio in tempi rapidi e certi. Perché il settore, colpito duramente dalla pandemia, ha bisogno di regole e di tutele per i circa 600mila addetti, di cui 500mila sono considerati e trattati alla stregua di soggetti autonomi o peggio ancora di volontari.
“Il rinvio della riforma dal 1° luglio 2022 al 31 dicembre 2023, previsto dal decreto Sostegni, toglie ai lavoratori e alle lavoratrici di questo comprato la possibilità di essere trattati come tali – spiega Luisa Diana, segretaria nazionale Nidil Cgil -. Si tratta di una data così distante che di fatto è un rinvio sine die, a un’altra legislatura. Per questo chiediamo che si riprenda il confronto al tavolo istituzionale aperto con il ministero dello Sport, ora dipartimento, che è rimasto sospeso”.
"È paradossale che sia stata proprio una sottosegretaria allo Sport donna (Valentina Vezzali, ndr), ex atleta, ex olimpionica, ad affossare una riforma che era nata proprio su impulso della condizione di forte discriminazione in cui si trovano le atlete nel nostro Paese - rincara Fabio Scurpa, responsabile sport Slc Cgil -. Insieme a lavoratrici e lavoratori, istruttori ed atleti provenienti da tutta Italia, abbiamo chiesto a gran voce che la riforma venga approvata entro la legislatura, rimuovendo il rinvio al 2024".
Da anni questi lavoratori, istruttori e maestri, atleti e insegnanti, assistenti e personal trainer, aspettano di vedersi riconosciuti un vero reddito, vere tutele e una vera prospettiva pensionistica. Oggi ricevono come compensi rimborsi spese, non hanno diritto a tutele né a garanzie, a malattia, maternità e paternità, ferie. E questo nonostante lo studio e i sacrifici per diventare professionisti capaci e competenti, in grado di formare attraverso i valori dello sport i bambini e i ragazzi a essere gli adulti di domani.