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Ha iniziato a lavorare che era ancora una ragazzina. Trentuno anni dietro lo stesso bancone di un bar, in provincia di Bergamo, a servire clienti, fare caffè, preparare aperitivi. Dopo tre decenni è stata licenziata perché il proprietario voleva vendere senza che il futuro acquirente fosse costretto, come prevede la legge, a mantenere la dipendente al suo posto.
Un licenziamento illegittimo, riconosciuto come tale anche dal giudice. Indovinate a quanto ammonta il suo indennizzo? Quattro mensilità: 4.500 euro netti. Una miseria. Ma non è un errore, perché lo prevede una norma, la stessa che la Cgil vuole abrogare con uno dei quattro quesiti referendari, il secondo.
Limite all’indennizzo
“È uno dei numerosi casi che ci capita di affrontare – spiega Silvia Rivola, responsabile dell’ufficio vertenze Cgil Bergamo -. Ci sentiamo con le mani legate dall’attuale normativa sui licenziamenti illegittimi nelle piccole aziende, quelle con meno di 15 dipendenti, per i quali si prevedono da 2,5 mensilità fino a un massimo, concesso di rado, di 6 mensilità come possibile indennizzo secondo la legge 604 del 1966 sulle norme sui licenziamenti individuali”.
Conciliazione al ribasso
In questo caso, come in molti altri, si è arrivati a una conciliazione in giudizio, in cui il magistrato ha proposto l’indennizzo di quattro mensilità e la lavoratrice l’ha accettato.
“L’esistenza di un tetto che limita il valore economico di questo tipo di cause porta quasi sempre a conciliare – spiega l’avvocato Andrea Sterli, che ha seguito la vicenda con la Cgil -, perché l’incidenza dei costi di un giudizio può essere elevatissima. È questione di buon senso: si cerca di evitare il rischio di pagare più spese legali di quanto non si recuperi. La conciliazione, però, essendo frutto di un accordo, spesso ha come esito un indennizzo che è ancora più basso del tetto già limitato previsto dalla norma”.
Referendum contro il tetto massimo
È qui che potrebbe intervenire il referendum proposto dal sindacato: l’abrogazione della norma che prevede il tetto massimo all’indennizzo in caso di licenziamento ingiustificato nelle piccole aziende, affinché sia il giudice a determinare il giusto risarcimento senza alcun limite. Con un doppio risultato: poter arrivare a indennizzi più equi di quelli attuali e creare un deterrente ai licenziamenti facili. Oggi, infatti, i datori non hanno alcun disincentivo a liberarsi dei propri dipendenti, perché sanno che l’indennizzo è un costo predeterminato e anche basso da sostenere. Il tutto naturalmente sulle spalle dei lavoratori.
Per firmare la raccolta firme per i quattro referendum proposti dalla Cgil per un lavoro tutelato, sicuro, stabile e dignitoso, è possibile rivolgersi alla Camera del lavoro della propria città o farlo direttamente anche online.