“I ritmi di lavoro compromettono la salute psicofisica dei portalettere e degli sportellisti di Poste Italiane, sia sul posto di lavoro sia nella vita privata. È questo – si legge nel comunicato della Slc Cgil – uno degli esiti più cristallini dell'indagine ‘Tempi moderni, vecchio male’ presentata all'Inail da Slc Cgil, Inca Cgil, Fondazione Di Vittorio e Ires Emilia-Romagna”.
Indagine basata su oltre 6mila questionari compilati in questi mesi da lavoratrici e lavoratori. “Per via del sottorganico – si legge nella nota – l'orario di lavoro è spesso più lungo delle 36 ore contrattuali. A volte viene regolarmente retribuito come straordinario, altre resta semplicemente lavoro non pagato. Ritmi intensi da tenere per orari prolungati si traducono in malattie professionali. Comuni alle figure interpellate sono i disturbi muscolo-scheletrici, a cui si aggiungono quelli oculistici per gli sportellisti che non riescono a effettuare le debite pause dal videoterminale. Tra i fattori di disagio psicosociale dovuti a una simile organizzazione del lavoro, spicca la difficoltà di conciliare vita privata e lavorativa”.
In uno scenario del genere, “la privatizzazione può essere pericolosa – ammonisce Riccardo Saccone, segretario generale Slc Cgil – perché introduce uno sfruttamento maggiore”. Anche per questo, promette, “nei prossimi mesi Poste Italiane sarà al centro del nostro agire sindacale”.

L’intervento di Sara Palazzoli del collegio di presidenza dell’Inca Cgil nel corso della presentazione dei dati. 

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