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Di punto in bianco e in pieno agosto salta la copertura previdenziale per la quarantena da covid-19. D'ora in poi e – attenzione – con effetto retroattivo per tutto il 2021, lavoratrici e lavoratori dipendenti del settore privato che dovessero entrare in quarantena o in permanenza domiciliare fiduciaria non sarebbero più coperti dalla malattia, come è stato invece per il 2020. La novità, di certo non di poco conto, è stata annunciata dall'Inps con un messaggio lo scorso 6 agosto: “Il legislatore – ha scritto l'Istituto di previdenza - attualmente non ha previsto, per l’anno 2021, appositi stanziamenti volti alla tutela della quarantena... e, pertanto, salvo eventuali interventi normativi, l’Istituto non potrà procedere a riconoscere la tutela previdenziale per gli eventi riferiti all’anno in corso”.
Insomma, non ci sono i soldi e così quanto previsto finora dalla legge in vigore (l'articolo 26 del decreto-legge n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 27/2020) non può essere più attuato. L'Inps di conseguenza chiude i rubinetti, con effetti che però rischiano di essere pesantissimi per lavoratrici e lavoratori, come sottolinea a Collettiva Anna Maria Bilato, dell'ufficio di presidenza dell'Inca Cgil nazionale: “Il rischio concreto è che persone già fortemente provate da un periodo estremamente difficile, caratterizzato da tante ore di cassa integrazione e da importanti tagli di salario, si vedano costrette ad utilizzare permessi e ferie per coprire il periodo di quarantena, sempre che di permessi e ferie ne abbiano ancora, perché altrimenti si aprono scenari ancora più incerti sulla natura dei periodi di assenza forzata”.
Bilato fa anche notare che ci sarà da capire come l'Inps andrà a recuperare le eventuali “prestazioni di malattia indebitamente conguagliate”, perché questo nel messaggio dell'Istituto non è chiaro. “Verranno notificati indebiti direttamente ai lavoratori, oppure si passerà per i datori di lavoro? - si domanda la dirigente del patronato - E che succede se ad esempio un lavoratore nel frattempo non è più dipendente di quell'azienda?”.
Una situazione di grande incertezza, insomma, che ha spinto subito i sindacati, in maniera unitaria, a chiedere un intervento immediato del Governo. “Esprimiamo profonda preoccupazione per l’affermazione che l’Inps, con valenza retroattiva a partire dal 1° gennaio 2021, non potrà procedere a riconoscere la tutela previdenziale – si legge in una lettera indirizzata al ministro del Lavoro, Andrea Orlando, e al ministro dell'Economia, Daniele Franco, da parte di Rossana Dettori (Cgil), Angelo Colombini (Cisl) e Ivana Veronese (Uil) - La mancata equiparazione dei periodi trascorsi in quarantena o sorveglianza fiduciaria a malattia pone, inoltre, seri interrogativi sia su come potranno essere riconosciuti tali periodi di assenza da lavoro per le lavoratrici e i lavoratori che improvvisamente si trovano privi delle tutele che erano previste dalla norma, sia su come sarà assicurata la copertura retributiva e contributiva”.
Nella loro missiva i sindacati sollevano poi un'altra importante questione, che riguarda lavoratrici e lavoratori cosiddetti “fragili” (che si trovano in una condizione di elevato rischio contagio derivante da immunodepressione o da esiti di patologie oncologiche o dallo svolgimento di relative terapie salvavita) che non si vedranno più riconoscere la prestazione a partire dal 1 luglio 2021. Il decreto legge 105/2021, pubblicato in Gazzetta ufficiale il 23 luglio, si limita infatti ad estendere al 31 ottobre per i lavoratori fragili solo il diritto al lavoro agile previsto dall’articolo 26, comma 2-bis, del già citato decreto 18 del 2020. Ma per chi non può svolgere da casa il proprio salta qualsiasi forma di copertura previdenziale.
Per tutto questo i sindacati hanno chiesto al governo “un intervento normativo urgente” che consenta all’Istituto di assicurare alle lavoratrici e ai lavoratori le tutele previste “fino al termine dell’emergenza sanitaria”. Ora si attende la mossa dell'esecutivo.