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Il 3 giugno 1944, poche ore prima della liberazione della capitale da parte degli Alleati, il lavoro di dialogo unitario avviato già negli anni trenta tra i principali esponenti del sindacalismo italiano culmina nella firma del Patto di Roma (l’accordo ufficiale porta la data del 9 giugno, ma sarà antidatato per onorare la memoria di Bruno Buozzi, ucciso dai nazisti il 4 giugno).
Recita il patto:
Gli esponenti delle principali correnti sindacali dei lavoratori italiani - comunista, democratico cristiana e socialista - dopo un largo scambio di vedute sul problema sindacale nell’Italia liberata dall’invasore e dai suoi complici fascisti, convinti che l’unità sindacale di tutti i lavoratori senza distinzione di opinioni politiche e di fede religiosa, è lo strumento più efficace per il potenziamento dell’organizzazione del lavoro, onde assicurare la più efficace difesa degli interessi economici e morali dei lavoratori stessi a garantire il loro apporto più efficiente all’opera immane di ricostruzione del Paese (opera che sarà necessariamente imperniata sulle forze del lavoro) di pieno ed unanime accordo dichiarano:
1 - di realizzare l’unità sindacale, mediante la costituzione, per iniziativa comune, di un solo organismo confederale per tutto il territorio nazionale, denominato Confederazione generale italiana del lavoro; d’una sola Federazione nazionale per ogni ramo di attività produttiva, d’una sola Camera confederale del lavoro in ogni provincia, d’un solo sindacato locale o provinciale per ogni ramo o categoria d’attività produttiva.
2 - Lasciando impregiudicate tutte le altre questioni relative all’orientamento generale dell’organizzazione, alla sua struttura definitiva, alla compilazione del progetto di statuto (questioni che saranno esaminate con una più larga partecipazione dei militanti sindacali d’ogni corrente e con i dirigenti del movimento sindacale libero già operante nel Mezzogiorno) l’unità sindacale viene immediatamente realizzata sui seguenti punti generali:
a) la CGIdL è fondata sul principio della più ampia democrazia interna. Tutte le cariche sociali, pertanto, in ogni grado dell’organizzazione, debbono essere elette dal basso, rispettivamente dalle assemblee di delegati regolarmente eletti. In ognuno degli organismi dirigenti, dal vertice alla base, deve essere assicurata la partecipazione proporzionale delle minoranze;
b) in tutte le organizzazioni della CGIdL deve essere assicurata la massima libertà d’espressione a tutti gli aderenti e praticato il rispetto reciproco di ogni opinione politica e fede religiosa;
c) la CGIdL è indipendente da tutti i partiti politici. Essa si assocerà, ogni volta che lo ritenga opportuno, all’azione dei partiti democratici che sono espressione di masse lavoratrici, sia per la salvaguardia e lo sviluppo delle libertà popolari, sia per la difesa di determinati interessi dei lavoratori e del Paese.
3 - le correnti sindacali nominate costituiscono la Direzione provvisoria dell’organizzazione che viene così composta: un Comitato direttivo provvisorio di 15 membri, 5 per ciascuna delle tre correnti; una Segreteria generale provvisoria con poteri esecutivi, di tre membri, uno per ciascuna delle tre correnti. Questa Direzione provvisoria sarà allargata con l’inclusione di esponenti del movimento sindacale libero operante nel Mezzogiorno e successivamente con i rappresentanti delle regioni che saranno liberate - mantenendo l’uguale proporzione fra le tre correnti - e durerà in carica sino al primo congresso confederale che dovrà tenersi al più presto possibile. Con lo stesso criterio verranno formate le direzioni provvisorie delle Federazioni nazionali e delle CGIdL provinciali. Nelle province e nelle categorie in cui esistono altre correnti sindacali aventi seguito effettivo tra le masse una rappresentanza di esse sarà chiamata a far parte della Direzione provvisoria camerale o federale. Queste Direzioni resteranno in carica sino al primo congresso della rispettiva organizzazione. A Segretari generali vengono nominati: On. le Emilio Canevari; On. le Giuseppe Di Vittorio; On. le Achille Grandi, che entrano subito in funzione.
La direzione provvisoria della CGIdL si pone i seguenti obiettivi immediati:
1. - promuovere l’organizzazione e l’inquadramento del movimento sindacale in tutte le regioni liberate, in uno con la rigorosa difesa degli interessi urgenti dei lavoratori;
2. - sostenere con tutte le proprie forze la guerra di liberazione nazionale onde affrettare la liberazione totale del Paese, condizione pregiudiziale per la realizzazione dei postulati dei lavoratori;
3. - assicurare il massimo collegamento con le masse lavoratrici delle regioni occupate per aiutarle con mezzi adeguati nella loro lotta;
4. - studiare tutte le iniziative atte a preparare ed effettuare la ricostruzione del Paese nello spirito del pieno riconoscimento dei diritti del lavoro;
5. - elaborare un piano di ricostruzione del movimento cooperativo, ispirato alle nuove esigenze poste dalla situazione;
6. - preparare un piano di trasformazione del sistema e degli istituti di previdenza sociale, rivendicandone alla CGIdL la Direzione;
7. - rivendere ed assumere la proprietà di tutti i beni già appartenenti alle disciolte organizzazioni fasciste;
8. - rivendicare dallo Stato il risarcimento dei fondi sottratti dai fascisti alle vecchie organizzazioni libere, da prelevarsi dal ricavo della confisca degli illeciti patrimoni degli ex capi fascisti.
La Cgil unitaria nasce dal compromesso tra le tre principali forze politiche italiane: il Patto di Roma è siglato da Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Achille Grandi per i democristiani, Emilio Canevari per i socialisti. Con il Patto di Roma del 1944 rinasce la Cgil unitaria che, seppure destinata a una vita breve a causa delle tensioni politiche nazionali e internazionali legate al nuovo scenario della guerra fredda, inciderà notevolmente sugli assetti costituzionali dell’Italia e sulla ricostruzione materiale, economica, sociale, civile e umana del Paese, uscito sconfitto dal conflitto mondiale.
Dopo il 25 aprile (dal 28 gennaio al 1° febbraio 1945 si era tenuto a Napoli il congresso della Cgil delle zone liberate. In quella occasione erano stati eletti i primi Segretari generali della Cgil: Di Vittorio per i comunisti, Grandi per i democristiani e Oreste Lizzadri per i socialisti), la Cgil unitaria darà un contributo fondamentale per la ricostruzione economica, sociale, politica e istituzionale dell’Italia, rappresentando uno degli interlocutori privilegiati dagli Alleati.
Il sindacato giocherà un ruolo politico di assoluto rilievo nella elaborazione della Costituzione, che all’articolo 1 definisce l’Italia “una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”. Giuseppe Di Vittorio sarà il relatore della Terza sottocommissione, incaricata di redigere le norme costituzionali sui diritti sociali ed economici. Fu grazie all’impegno della Cgil che principi e istituti fondamentali quali la libertà sindacale, la contrattazione collettiva e il diritto di sciopero entrarono nel testo finale.
Dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948, che vedranno la netta affermazione della Democrazia Cristiana e la sconfitta del Fronte popolare (Pci e Psi), e dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio, cui la Cgil reagirà con lo sciopero generale politico, la corrente democristiana decide la scissione (il periodo delle scissioni sindacali si protrarrà per circa due anni, dall’estate del 1948 alla primavera del 1950. Il percorso terminerà con la nascita della Uil il 5 marzo 1950 e della Cisl il 30 aprile 1950).
“Non può dimenticare - dirà Luciano Lama anni dopo - chi lo ha vissuto e magari da principio lo considerò come una liberazione da troppi condizionamenti, il periodo duro della divisione tra la fine degli anni Quaranta e il decennio successivo che vide l’isolamento della Cgil, gli eccidi di lavoratori, le rappresaglie padronali, i più di cinquanta quadri nostri, dirigenti coraggiosi dei contadini del feudo, trucidati dai fucili a canne mozze o dai nodi scorsoi dei killer della mafia. (…) Erano gli anni dei reparti confino, dei ricatti nelle elezioni delle commissioni interne che videro restringersi la nostra forza organizzata e, contemporaneamente, videro l’impavida tenuta del quadro dirigente, di tanti militanti di base perseguitati ma non piegati. Quelle prove crudeli, dolorose mi fecero riflettere sul significato profondo di concetti come l’unità, la coerenza, il coraggio di riconoscere i propri errori per correggerli, il rifiuto delle due verità”.
“Il 1° ottobre del 1906 - affermava in occasione del 100° anniversario della fondazione della Cgdl l’allora segretario generale Cgil Guglielmo Epifani - nei locali della Camera del lavoro, al termine del congresso delle organizzazioni di resistenza, i 500 delegati presenti in rappresentanza di oltre 200 mila iscritti decidevano a maggioranza, con il voto contrario dei delegati rivoluzionari - che avrebbero poi abbandonato il congresso - di costituire in Italia la Confederazione generale del lavoro, affidandole la direzione generale assoluta del movimento proletario, industriale e contadino, al di sopra di qualsiasi distinzione politica”.
Quel soggetto confederale, che nasce quel giorno, è altro “e più delle rappresentanze di categoria, professione, arte e mestiere e del mutualismo delle origini. Non è altro perché diverso e non è più perché sovraordinato. Ma perché l’identità confederale richiede inevitabilmente una ricerca permanente di valori e politiche di unità, partendo dalle differenze; e un’idea alta di autonomia comunque espressa nelle alterne fasi che hanno segnato la storia dei rapporti fra partiti e sindacati. Solo un sindacato confederale - quello di ieri e quello di oggi - può tenere unite dentro di sé le ragioni dei lavoratori della terra a quelli dell’industria, quelli pubblici e quelli privati, quelli del Sud e quelli del Nord, gli emigranti e gli immigrati, i giovani che studiano, i disoccupati, gli anziani e i pensionati. Tutto, proprio tutto, della vita centenaria del sindacato italiano sta qui, in quell’atto, in quella scelta, in quell’inizio. In quell’idea - come ci ricorda Vittorio Foa - per la quale battendosi per i propri diritti si pensa insieme sempre ai diritti degli altri”.
Del resto, affermava qualche anno prima Bruno Trentin, “lavorare per la C
gil e nella Cgil non è un mestiere come un altro, ma può essere, può diventare una ragione di vita”.“Posso garantirvi - ribadiva nel momento dell’elezione a segretario generale della Cgil, Maurizio Landini - che la Cgil mi ha fatto innamorare e che ho imparato a voler bene a tutti quelli che, come noi, per vivere hanno bisogno di lavorare. Ho imparato tanto dalla loro dignità e continuo a credere che questa società che sfrutta le persone, che le mercifica, sia una società che si deve combattere, che non possiamo accettare, che dobbiamo trasformare insieme. Ma non domani. Qui e ora. Questa causa val bene un impegno, val bene un rischio, val bene una vita”. “Perché ci sono delle radici che non si possono sradicare”, ieri, oggi, sempre.