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“Zero precarietà” nella scuola, nelle università, nella ricerca, nella formazione professionale, nei conservatori e nelle accademie. Non è un’utopia: basta avere la volontà politica di farlo, dando concretezza a tutte quelle parole che spesso si “sprecano” per sottolineare – in particolare dopo la pandemia – il ruolo strategico di questi comparti per la crescita del sistema Paese. Proposte concrete per raggiungere questo obiettivo sono state presentate oggi (22 aprile) dalla Flc Cgil in una conferenza stampa nella Sala Caduti di Nassirya di palazzo Madama a Roma.
Come spiega Gianna Fracassi, segretaria generale della Flc Cgil, “il rilancio del sistema pubblico della conoscenza rappresenta infatti l’unico vero investimento per il futuro del nostro Paese e per offrire speranze e prospettive alle nuove generazioni. Per questo il personale della scuola, dell’università, della ricerca, dell’alta formazione artistica e musicale deve tornare ad essere percepito come una straordinaria risorsa”.
È inaccettabile, continua la sindacalista, il fatto che “nei settori della conoscenza abbiamo quasi 500 mila precari a vario titolo: dai contratti a tempo determinato, agli assegnisti e ai collaboratori”. Ed è altrettanto inaccettabile che “per molti di loro il rapporto di lavoro sia soggetto a continue scadenze e rinnovi incerti, disconoscendo il valore della continuità quale elemento fondamentale per garantire la qualità delle prestazioni professionali, oltre che le prospettive di vita di centinaia di migliaia di lavoratrici e di lavoratori”.
Perché il punto è proprio questo, sottolinea Fracassi: “La nostra rivendicazione non è legata soltanto al tema fondamentale della qualità del lavoro ma, anche a quello della qualità del servizio e le nostre proposte vanno in questa direzione”.
Gli esempi possibili sono tanti: se si vuole generalizzare la scuola dell’infanzia, occorre stabilizzare e assumere personale; se l’obiettivo, come dovrebbe essere, è arrivare a portare il tempo pieno della primaria al 60% bisogna fare la medesima cosa. Stessa situazione per il sostegno, dove le cattedre sguarnite sono 120 mila. Idem per l’università – dove la metà dei docenti è precaria – e la ricerca, soprattutto per il Cnr, con i tanti contratti a tempo determinato legati al Pnrr e che scadranno nel 2026: insomma c’è molto da fare. Vediamo le proposte nel dettaglio.
Stabilizzazioni nella scuola: si può fare
Nell’anno scolastico 2023/2024 le lavoratrici e i lavoratori precari tra personale docente e Ata superano quota 250.000. Sono 87.803 i contratti stipulati a tempo determinato su posto comune e 117.560 quelli sul sostegno: 1 docente curricolare su 7 è precario, mentre nel sostegno è precario un docente su 2.
Per quanto riguarda il personale Ata sono 22.000 i contratti al 31 agosto e 15.000 quelli al 30 giugno. A questi si aggiungono 6.800 incarichi temporanei Pnrr e Agenda Sud. In un’ottica di scuola inclusiva e democratica, la qualità del servizio è fondamentale, ed è per questo che la Flc propone un piano di assunzioni stabili in tutti gli ordini e gradi: 20 mila insegnanti nella scuola dell’infanzia, 33 mila nella primaria, 14 mila nella secondaria di primo e secondo grado, e, per il sostegno, di portare i 117 mila posti in deroga in organico di diritto, e un piano di assunzione quadriennale di 80 mila addetti. Per quanto riguarda il personale Ata, per la Flc servono 22 mila assunzioni e l’assorbimento in organico di diritto di 15 mila posti, più altri 6.800 legati a Pnrr e Agenda Sud.
Ovviamente il tutto inquadrato in una politica efficace del reclutamento: quindi bisogna continuare con la sperimentazione delle assunzioni dalle Gps (cioè le graduatorie provinciali per le supplenze, a cui è iscritto nelle prime fasce chi ha già superato rigorose prove selettive che lo rendono idoneo a essere stabilmente impiegato nel sistema scolastico) e, ovviamente, prevedere il regolare svolgimento dei concorsi.
Checché se ne possa pensare, i costi sono assolutamente sostenibili. Attualmente lo Stato spende in media 4.370.000 euro per il pagamento dei supplenti docenti e Ata assunti in organico di fatto. Un piano di ampliamento graduale dell’organico in 4 anni, ha fatto i conti la Flc, costerebbe a regime circa 8 miliardi, ma se sottraiamo quanto lo Stato spende per pagare i precari, la quota scende a 3,7 miliardi di euro.
Università. troppi precari
Come si legge nel documento della Flc, “dopo la grande crisi del 2008/2009 l’Italia ha consistentemente ridotto le risorse per l’università e la ricerca, in controtendenza rispetto a tutti i paesi Ocse. Fino al 2021 si è ridimensionata strutturalmente la formazione superiore nel nostro Paese con i tagli al Fondo di finanziamento ordinario (oltre 5 miliardi di euro persi in valore assoluto dal 2008, oltre il mancato recupero dell’aumento dei costi dovuti all’inflazione e gli aumenti dovuti ai rinnovi contrattuali) e il blocco del turnover (diminuzione di circa un terzo del personale di ruolo, circa 15 mila docenti e 20 mila tecnici amministrativi)”.
Un incremento del finanziamento c’è stato nel 2022, con 740 milioni di euro destinati a un piano straordinario di reclutamento, ma del tutto insufficiente a invertire un trend che vede una presenza massiccia di personale precario (assegnisti, borsisti, collaboratori, docenti a contratto), visto che con quei soldi si potranno assumere 10 mila docenti, mentre ne mancano 45 mila per arrivare al livello medio Ue per ciò che riguarda il rapporto insegnanti/studenti.
Per la Flc serve dunque pure in questo caso un piano straordinario di assunzioni e stabilizzazioni, anche tra il personale tecnico-amministrativo (sono 50 mila posizioni mancanti, l’equivalente di quanti sono oggi in servizio).
Ricerca: si torna indietro
Invano i sindacati lo scorso ottobre avevano chiesto un incontro alla ministra Bernini per riprendere un percorso di stabilizzazione del precariato che si è interrotto. Grazie al Pnrr fino al 2026 ci saranno, infatti, diverse migliaia di assunti a termine che continueranno ad aggiungersi al personale contrattualizzato con assegni di ricerca e altre tipologie contrattuali discontinue. Cosa ne sarà di loro quando i fondi del Next Generation Eu finiranno?
“4.400 lavoratori precari a fronte dei circa 23.000 addetti del settore ricerca sono già un numero insostenibile, il sistema sta tornando nelle stesse condizioni del 2017”, attacca la Flc. Servono dunque interventi strutturali, con il rifinanziamento dei fondi ordinari degli enti di ricerca, altrimenti poi è inutile lamentare la fuga di cervelli che – formati anche a caro prezzo in Italia – vanno poi ad arricchire di conoscenze altre realtà.
Afam: servono regole per il reclutamento
Nonostante alcune conquiste realizzate negli ultimi anni, si legge nel report Flc, “in tema di reclutamento il settore attende da 25 anni una regolamentazione a regime. Ciò ha comportato negli anni l’esplosione sia dei contratti a tempo determinato che dei contratti atipici. Tuttavia, mentre per il personale tecnico amministrativo l’utilizzo transitorio delle disposizioni della scuola ha consentito processi più o meno regolari di stabilizzazioni, per i docenti l’estesa presenza di figure precarie è stata affrontata con interventi una tantum mediante la costituzione di graduatorie nazionali. A breve sarà finalmente varato il regolamento sul reclutamento che istituirà sul modello universitario l’abilitazione artistica nazionale a presidio dell’unità del sistema”.
Per la Flc si tratta di una “svolta epocale”. Tuttavia vanno sciolti dei nodi fondamentali a partire, appunto, da quello della precarietà e dalle carenze in organico. A oggi sono in servizio con contratto a tempo indeterminato 6.563 docenti. La dotazione organica nazionale si aggira intorno a 8.450 posti, pertanto, i posti liberi sono dunque circa 1.900.
Nell’anno accademico 2023/24 sono stati banditi concorsi di sede per 892 posti. I concorsi sono tuttora in svolgimento, ma anche nel caso in cui terminassero nei tempi previsti i posti liberi coperti da supplenti rimarrebbero circa 1.000. “Si tratta di un numero ineliminabile se non si interviene per finanziare le facoltà assunzionali su tutti i posti disponibili”, si legge nel documento Flc.
Il sindacato della conoscenza della Cgil chiede dunque di stanziare le risorse – 50 milioni – per consentire le assunzioni su tutti i posti annualmente disponibili e di assumere a tempo indeterminato il personale docente che maturi 3 anni di servizio entro l’anno accademico 2023/24. Per il personale amministrativo e tecnico (sono circa 400 i supplenti) servono circa 10 milioni di euro per consentire le assunzioni su tutti i posti annualmente disponibili.
Conclude Fracassi: “Cancellare la precarietà in tutti i settori della conoscenza, lo ribadisco, è un’operazione di interesse pubblico, riguarda l’intero Paese, riguarda tutti”.