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Mi presento: sono Gabriele Ducato, ho 31 anni e vivo a Bagheria, Palermo. Da nove anni collaboro con un’associazione sportiva dilettantistica che si occupa di pallacanestro, con 400 tesserati di tutte le età. Facciamo i campionati giovanili fino agli under 18 e poi abbiamo una squadra in promozione. Sarebbe meglio dire “avevamo” perché con il Covid tutto è diventato molto incerto. Sono un allenatore, ho la qualifica federale che ho acquisito facendo corsi ed esami, a seguito dei quali ho preso un patentino.
Quanto guadagno in tempi normali? 6.500 euro da settembre a giugno, cioè 650 euro per dieci mensilità. In più, se va bene, mille euro per i centri estivi che facciamo a luglio e agosto. Questo prevede la mia lettera di incarico come “allenatore” di pallacanestro con qualifica federale. Non pago le tasse perché non supero il tetto dei 10mila euro all’anno. Vi chiederete come faccio a campare. Sono molto fortunato perché mi aiutano tanto ma davvero tanto i miei genitori. Senza di loro non potrei farcela. Ho vissuto con loro fino a poco tempo fa: di recente ho preso casa con la mia compagna, ci vorremmo sposare, ma come facciamo? Anche lei ha un lavoro precario, il contratto le è scaduto qualche giorno fa, e non glielo hanno rinnovato.
E dire che con mia madre ci ho discusso tantissimo per questa scelta. Mi diceva: “Non è un lavoro, non ti basta”. E aveva ragione, la capivo benissimo, lo sapevo. La mia idea è che questo dello sport possa diventare davvero un lavoro, il mio lavoro, perché adesso non lo è. Quello che più mi preoccupa, però, è il futuro. Oggi potrei anche riuscire a sostentarmi con quei pochi soldi che mi danno. Ma dopo? Non ho tutele dal punto di vista previdenziale, non ho contributi, garanzie, non ho niente. Non sono niente: sono solo una persona che riceve dei soldi in cambio di cinque ore trascorse nel pomeriggio in palestra. Nessuno racconta che oltre a quelle però c’è tutta una parte di studio, formazione e preparazione, che non è considerato lavoro.
L’impegno io ce lo metto, noi come categoria ce lo mettiamo, per crescere dei ragazzi che prima di essere degli sportivi saranno degli uomini. Questo mi dà una certa responsabilità che però non viene ripagata. Non vorrei dire paroloni, ma siamo quasi alla stessa stregua degli insegnanti, noi insegniamo lo sport. Non solo la tecnica, ma il modo di vivere lo sport, fattore importante per la crescita personale dei ragazzi.
Invece vivo sul filo della precarietà. Da marzo scorso sono a casa, dal primo lockdown totale. Adesso, anche se l’associazione ha ripreso l’attività per i campionati, da quelli giovanili in su, quindi dai 10-11 anni d’età fino ai 18, non c’è abbastanza lavoro per tutti. Sì, ho percepito i bonus, quello da 600 e l’altro da 800 euro, fino a dicembre scorso. Da gennaio, chissà.