Un quadro complesso che mette in evidenza le gravi criticità economiche e sociali del Paese. È quanto emerge dal Rendiconto sociale appena presentato dal Civ, il Consiglio di indirizzo e vigilanza dell’Inps. La conferma, fanno sapere in Cgil, della “necessità di un cambio di rotta che metta al centro il lavoro, la parità e la sostenibilità, come basi di una visione più equa e inclusiva”.

Precarietà e lavoro povero in aumento

Sono numeri che parlano da soli, quelli che emergono dal Rendiconto. Nel 2023 il numero degli occupati è aumentato di oltre 500.000 unità, ma il dato allarmante è il forte incremento dei contratti a termine, con 135 mila nuovi rapporti di lavoro precari. A questa condizione non si può non associare il dato degli oltre 4 milioni di part time involontari che alimentano un mercato del lavoro precario e povero.

Questa crescita della precarietà si traduce in insicurezza economica per milioni di lavoratori, in particolare giovani e donne, il cui tasso di occupazione rimane tra i più bassi d’Europa. La Cgil, commentando il rapporto, “richiama la necessità di un intervento deciso per ridurre l’uso di contratti precari e per promuovere l’occupazione stabile, soprattutto a beneficio delle nuove generazioni”.

Molto indicativo anche il fatto che le richieste di Naspi (l’indennità mensile di disoccupazione rivolta ai lavoratori con rapporto di lavoro subordinato che hanno perduto involontariamente l'occupazione) sono aumentate, passando da 3.145.632 a 3.246.384. Un chiaro segnale delle difficoltà persistenti nel mercato del lavoro. Parallelamente, anche le ore di Cassa integrazione guadagni ordinaria sono cresciute, con i lavoratori beneficiari passati da 525.018 nel 2022 a 583.129 nel 2023.

Il ruolo degli immigrati

Gli immigrati rappresentano già oggi una componente fondamentale del sistema contributivo e fiscale italiano, costituendo il 25% delle nuove assunzioni. Il loro contributo sarà sempre più essenziale per il futuro, specialmente in un contesto di forte calo demografico che minaccia non solo il mercato del lavoro, ma anche la sostenibilità dell’intero sistema previdenziale. La Cgil ribadisce dunque “l’urgenza di politiche migratorie regolari e inclusive, che proteggano questi lavoratori da sfruttamento e precarizzazione, riconoscendo l'importanza di una forza lavoro immigrata stabile e tutelata”.

Una condizione, prosegue il commento “che è possibile raggiungere con una riforma strutturale del sistema dei flussi per lavoro e cancellando la legge Bossi-Fini e i decreti securitari che sono stati adottati in questi ultimi due anni”.

Donne penalizzate

Il Rendiconto evidenzia anche un divario retributivo di genere persistente e intollerabile: gli uomini percepiscono in media 643 euro settimanali rispetto ai 501 euro delle donne, con un divario che aumenta nel settore privato e nelle professioni a bassa qualificazione.

La Cgil “considera la parità salariale una questione urgente e sollecita misure strutturali per ridurre le disuguaglianze e promuovere un reale accesso delle donne al mercato del lavoro”.

Il bluff del governo sulle pensioni

Sul fronte delle pensioni, il 2023 ha visto un drastico calo delle pensioni anticipate, scese da 125.622 a 108.041, con un impatto particolarmente grave per le lavoratrici donne. Misure come Opzione Donna e Quota 103 sono state praticamente cancellate, mentre i dati sulle uscite dei lavoratori impiegati in mansioni gravose e usuranti, commenta ancora la Cgil, “evidenziano chiaramente la necessità di un intervento che il governo continua a ignorare. Nonostante le ripetute promesse di superamento della legge Monti-Fornero, le scelte dell’esecutivo, nella legge di bilancio e nei provvedimenti precedenti, hanno di fatto azzerato quella poca flessibilità in uscita che si era provato a costruire”.

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Lavoro nero, meno controlli

I dati sulla vigilanza rivelano le gravi limitazioni della forza ispettiva, ridotta a soli 828 ispettori. La Cgil denuncia “l’urgenza di un significativo aumento di personale, per garantire controlli adeguati, contrastare efficacemente il lavoro sommerso e tutelare i diritti dei lavoratori. Sebbene le verifiche documentali siano aumentate, serve intensificare gli interventi diretti per combattere il lavoro nero e le diffuse irregolarità, una piaga ancora troppo presente nel nostro Paese.

Infine, il taglio del Reddito di cittadinanza, sostituito dall’Assegno di inclusione (Adi), ha portato a un calo drastico delle domande, passate da 1.039.700 a 445.541, segnalando chiaramente l’impatto delle scelte restrittive del governo e lasciando senza sostegno centinaia di migliaia di cittadini in difficoltà.

Rafforzate le ragioni dello sciopero generale

Questi dati, conclude la Confederazione di corso d’Italia, “rafforzano la necessità di un cambiamento radicale nelle scelte economiche e sociali del Paese. Per questo motivo, insieme alla Uil, saremo in sciopero il prossimo 29 novembre, chiedendo politiche giuste che investano su lavoro, pensioni e servizi pubblici, e che pongano finalmente al centro le persone e i loro diritti, contro un sistema che continua a favorire precarietà e diseguaglianze”. Diseguaglianze che, non ci si stancherà mai di ripeterlo, colpiscono con più forza i segmenti maggiormente deboli della popolazione, donne e migranti, ma anche i giovani per i quali questo governo, nonostante le parole, non sta facendo nulla.

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