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Il 27 settembre è la giornata mondiale dello sciopero per il clima. Il culmine di una settimana dedicata all’ambiente e al futuro del pianeta. Tante le manifestazioni, le iniziative, i flash mob a cui partecipa attivamente e in forze anche la Cgil. Su questi temi è intervenuta a RadioArticolo1 Gianna Fracassi, vicesegretaria generale della confederazione di corso d’Italia.
“Bisogna comprendere – ha detto – che questo non è soltanto un tema per ambientalisti, ma anche per sindacalisti. Perché quando parliamo di giustizia climatica parliamo anche di giustizia sociale”. Il necessario cambiamento del modello produttivo in seguito alla transizione che porterà a un modello ecologicamente compatibile “avrà effetti pesanti sul lavoro e le organizzazioni sindacali oggi, se vogliono avere un ruolo da protagoniste, devono provare a governare questo processo, anticiparlo e comprenderne gli effetti e le ricadute sui lavoratori stessi”.
Del resto, ha aggiunto Fracassi, “la Cgil nella sua storia ha sempre anticipato i processi in atto e da questo punto di vista il Piano del lavoro del 2013 in effetti rappresenta la prima vera strategia nazionale di sostenibilità sociale ed ambientale messa in campo in questo paese. Poi sono arrivati tutti gli altri, ma noi siamo stati i primi”. E allora “quando parliamo di sostenibilità ambientale dobbiamo tenere dentro necessariamente di due temi. Il primo riguarda la sostenibilità sociale, cioè provare a cambiare il nostro modello di sviluppo pensando che la priorità è il benessere delle persone e del territorio".
"Il secondo è un tema economico, e proprio nel Piano del lavoro avevamo provato a modificare il paradigma tradizionale: non ragionavamo, cioè, di politiche economiche che non partivano dall'offerta, ma dalla domanda”. Il che vuol dire “fare spesa pubblica e spesa sociale anche come modo per rilanciare i consumi, per dare una spinta alle infrastrutture”. E questo vale anche per oggi, rimane il problema di fondo: “Attraverso questa leva – ha rilanciato Fracassi – si può fare sviluppo buono e collegare questa operazione con la tutela del lavoro e del lavoro di qualità”. Un cambiamento profondo con cui “si mette al centro non il profitto, ma la persona e in questo caso anche il pianeta e il benessere del nostro ambiente”.
Ripensare il modello di sviluppo significa riconvertire alcune produzioni e pensare a politiche industriali a sostegno di nuove produzioni. Una sfida non semplice. “È una sfida enorme – ha riconosciuto la dirigente della Cgil –. Il nostro sistema produttivo ha una impronta fossile molto elevata, dipendiamo moltissimo dai carburanti, dalle energie fossili. E allora dobbiamo mettere in campo una vera strategia di economia circolare e questo implica un forte protagonismo dello Stato, perché il mercato non riesce a cogliere, o comunque coglie solo parzialmente, questa sfida”.
È dunque necessario un coordinamento delle politiche industriali, “un luogo dove si immaginano i prossimi venti anni di sviluppo del Paese. Noi abbiamo proposto l'Agenzia per lo sviluppo. Gli strumenti possono essere gli incentivi e l’intervento diretto dello Stato. Poi però c’è un altro tema: come si sostiene e mette in campo un'operazione davvero molto complessa in un arco di tempo che non sia quello di una sola legislatura. Da questo punto di vista è dunque necessario che tutti i soggetti, a partire da quelli istituzionali, si mettano in campo”. Quindi, non solo il governo nazionale, “ma anche le Regioni, le parti sociali. Serve insomma un grande progetto per il Paese”.
Infine, la vice segretaria generale della Cgil ha sottolineato il grande protagonismo delle ragazze e dei ragazzi e la forte mobilitazione della Cgil stessa: “È un tema per noi abbastanza nuovo, ed è allora un grande risultato che tra il 20 al il 27 settembre si siano messe in campo centinaia di iniziative e che lo stesso segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, sarà alle 14 a Fiumicino, presso l'aeroporto, per un’iniziativa molto importante”.