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La trattativa per il rinnovo del contratto delle Funzioni centrali era ancora in corso: era stato fissato per il 6 novembre un incontro per continuare il confronto, nella convocazione non compariva da nessuna parte che fosse l’ultimo e che in quella sede si doveva chiudere. Molte le richieste sul tavolo a cui l’Aran ancora non aveva dato risposta. Eppure, ad un certo punto, la decisione di chiudere “chi ci sta ci sta”. In realtà, avendo fatto i conti che Cisl e Fpl più qualche altro sindacato davvero poco rappresentativo, arrivava alla soglia del 54%, decidendo però di tagliar fuori due tra le organizzazioni maggiormente rappresentative Cgil e Uil – la seconda e la terza ad esser precisi – che da sole raggiungono circa il 46% della rappresentanza. Florindo Oliverio, segretario nazionale della Fp Cgil spiega le ragioni della non sottoscrizione dell’intesa e dice: “Chiederemo alle amministrazioni e alle altre sigle sindacali di procedere all'indizione di un referendum, perché la parola per noi deve essere restituita alle lavoratrici e lavoratori e di certo non siamo noi ad aver paura della democrazia”.
Cgil e Uil non hanno firmato il rinnovo contrattuale che, invece, è stato sottoscritto da Cisl e sindacati minori. Cosa significa dal punto di vista contrattuale la rottura?
È una novità assoluta: la prima volta che si ipotizza la sottoscrizione di un contratto senza due delle confederazioni maggiormente rappresentative, con soglie di rappresentanza sopra il 15%. Ricordo che la Cgil è la seconda per rappresentanza e la Uil la terza, dal punto di vista delle relazioni sindacali è un pericoloso passo indietro. Peraltro, quel contratto rinvia a decisioni successive, che dovranno arrivare sia dai lavori parlamentari per l’approvazione della prossima legge di bilancio, ma anche da implicazioni contrattuali che dovranno essere definite nel corso dei prossimi giorni e nelle prossime settimane. Vorrei ricordare che noi abbiamo già un incontro convocato per il 13 di novembre prossimo, per definire una coda del contratto 2019-2021 che riguarda il passaggio dal vecchio al nuovo ordinamento professionale per i lavoratori di Enac, Ansfisa e dell'Agenzia nazionale di sicurezza del volo. Sarebbe una novità assoluta il fatto che noi chiudiamo un contratto per un triennio successivo a un triennio che ancora non si è completamente chiuso nei suoi aspetti negoziali. La verità è che si è fatta precipitare una trattativa che era ancora in corso, tanto è vero che nell'incontro di ieri tutte le organizzazioni sindacali, non soltanto Cgil e Uil, hanno continuato a chiedere modifiche dei testi contrattuali vigenti. A un certo punto il presidente dell'Aran, chiaramente sul mandato esplicito del governo, ha imposto la chiusura di una discussione che poteva ancora portare dei miglioramenti del testo. Questo è un vulnus, un grave precedente perché vuol dire che il tavolo di trattativa non è mai libero e sovrano nel determinare le proprie dinamiche, può intervenire lo sgambetto della politica.
Cosa succederà con gli altri tavoli aperti, da quello degli enti locali a quello della sanità, solo per fare degli esempi?
Le relazioni sindacali sono incrinate perché quello che non deve mai venire meno nel rapporto tra i negoziatori è il principio di affidabilità, di lealtà e di fiducia reciproca. Fin dall'inizio della trattativa avevamo detto che sarebbe stato utile un binario parallelo di confronto diretto con il governo e con la politica, per cercare di rimuovere gli ostacoli a una firma, così che come avvenne per il contratto ‘19-21. Con il contributo di tutti – allora – riuscimmo ad interrompere una vicenda di accordi separati, per il ‘16-18 inizialmente non ci fu il consenso di tutte le organizzazioni sindacali, allora non firmarono la preintesa Flp e Usb. E prima ancora, con il rinnovo della parte economica del 2007-2009 ci fu l'accordo separato con Cisl e Uil. Per questo, a partire dal presidente dell'Aran tutti, comprese le organizzazioni sindacali, salutammo positivamente il contratto ‘19-21 proprio perché aveva segnato quella che per noi era la chiusura definitiva di ipotesi di accordi fatti a colpi di maggioranza. Quello che è accaduto ieri ha interrotto questo percorso: cancella il valore politico del contratto con il consenso unanime del ‘19-21 e questo inevitabilmente comporterà dinamiche che condizioneranno anche altri tavoli. Cgil e Uil rappresentano circa il 46% delle lavoratrici e dei lavoratori delle Funzioni centrali: chi ha sottoscritto l’intesa avrebbe dovuto valutare prima, quanto la chiusura definitivamente del confronto senza avere un consenso più ampio avrebbe potuto comportare ritardi o difficoltà sugli altri tavoli.
Entriamo nel merito, perché non avete firmato?
Innanzitutto la parte economica inchioda le buste paga dei lavoratori e delle lavoratrici a non recuperare i due terzi di potere di acquisto eroso dall’inflazione. Certo, nelle dichiarazioni congiunte che fanno parte integrante di questo testo, si rinvia a valutazioni successive all’approvazione della legge di bilancio per l’utilizzo dello 0,22% che il ministro Zangrillo dice aver messo a disposizione, per passare dal 5,78 al 6% di aumenti, sempre molto molto lontano dal 17% di inflazione. Stiamo parlando di uno 0,22% che va incrementare la parte variabile del fondo per la contrattazione integrativa, che però è assolutamente insufficiente e inadeguato. Faccio un esempio: per erogare la maggiorazione del turno festivo infrasettimanale ad alcuni addetti, bisognerà ridurre il salario accessorio a una stragrande maggioranza dei lavoratori. Ancora: è previsto l'aumento delle indennità di posizione organizzativa da 2.600 a 3.500 euro l'anno, quindi 900 euro in più per lavoratori che hanno una indennità per la posizione organizzativa senza, però, metterci un euro in più. Significa togliere quei 900 euro dalle tasche degli altri lavoratori - circa l'ottanta per cento dei dipendenti - che avranno ridotto il trattamento accessorio. Per di più è stata anche prevista una clausola che prevede la stabilizzazione a vita della posizione organizzativa per chi ce l'ha da almeno otto anni: in questo modo si riducono gli spazi e le prospettive per altri lavoratori di accedere a quegli incarichi, norma – peraltro – che avrà effetto nei prossimi 8 anni, perché la norma ovviamente stabilisce che questa cosa varrà per gli incarichi di posizione organizzativa che si decideranno da qui in avanti. Sono veramente tutti specchietti per le allodole.
Cosa farete d’ora in avanti?
Già da qualche tempo abbiamo cominciato informare lavoratori e lavoratrici. Stiamo facendo assemblee in ogni luogo di lavoro e, ovviamente, abbiamo chiesto di permettere lo svolgimento del referendum tra i dipendenti del comparto. Noi siamo un sindacato democratico e ci rimetteremo alle valutazioni, ovviamente, dei lavoratori. Qualora il testo passasse positivamente al vaglio degli organi di controllo, sottolineo se passasse positivamente al vaglio degli organi di controllo, prima della sottoscrizione definitiva del contratto, se il referendum andrà come noi auspichiamo e cioè che l’intesa sarà bocciata dai lavoratori e dalle lavoratrici, noi faremo valere le nostre ragioni. Abbiamo poi due scadenze importanti alle porte: la certificazione della rappresentatività delle organizzazioni sindacali incrociando il dato del tesseramento al 31 dicembre del 2024 e il voto per le elezioni del Rsu, che entro aprile prossimo dovranno rinnovarsi. Manterremo aperto un canale di comunicazione con le lavoratrici e i lavoratori fino a costringere, con i rapporti di forza modificati, il governo a rimuovere gli ostacoli che sono stati posti riaprendo un tavolo di trattativa.
Ovviamente, l'appuntamento ravvicinato è quello dello sciopero generale del 29 novembre.
Assolutamente sì. Infatti siamo alle prese con il lavoro di preparazione dello sciopero: la prossima settimana terremo a Roma, insieme alla Uil, un’assemblea nazionale del comparto delle funzioni centrali con i segretari generali. In quella occasione lanceremo la nostra campagna di assemblee, il referendum e la mobilitazione che a questo punto non si fermerà nemmeno allo sciopero del 29 di novembre. Se quello che ha dichiarato il presidente Naddeo, che l'incontro programmato con la presidente del Consiglio sarà assolutamente irrilevante, dovremmo andare ben oltre il 29 di novembre.