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Il 31 marzo le lavoratrici e i lavoratori del call center Ingo a Forlì hanno incrociato le braccia per l’intero turno per denunciare il peggioramento delle condizioni salariali e la riduzione delle tutele nel loro posto di lavoro, a seguito del contratto siglato da Assocontact e Cisal. La notizia del cambio di contratto nazionale aveva portato a un primo sciopero lo scorso gennaio, quando le lavoratrici e i lavoratori insieme alle sigle sindacali Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil avevano denunciato le conseguenze dell’introduzione del contratto Assocontact: “salari più bassi, meno tutele in caso di malattia e meno ore di permesso – spiegano i segretari di categoria, Romano Cioccotorto, Giacomo Andriano e Davide Mori, in una nota –. In una realtà lavorativa in cui ci sono molte donne questo arretramento delle tutele pesa maggiormente, perché spesso queste lavoratrici devono occuparsi anche dei figli e devono coordinare i tempi di lavoro retribuito con quelli del lavoro di cura”.
Dopo quello sciopero le sigle sindacali avevano partecipato a un tavolo istituito in sede comunale, restando in attesa di risposte, invano. Perché finora, spiegano le organizzazioni, è regnato il silenzio, anche da parte delle ditte committenti e delle realtà pubbliche che si rivolgono a Ingo per i servizi di assistenza al cliente.
“È nell’indifferenza generale – denunciano oggi Slc, Fistel e Uilcom – che le lavoratrici e i lavoratori hanno deciso di riprendere in mano il coraggio e scendere in piazza Ordelaffi a Forlì, con le loro storie e la loro preoccupazione, per ricordare che chi lavora non può essere trattato così”. E durante il presidio, alternandosi al microfono, “lavoratrici e lavoratori hanno sottolineato la violazione di diritti e principi costituzionali e hanno reso note le pressioni che l’azienda sta facendo nei loro confronti”.
Le sigle sindacali hanno già inviato una diffida a Ingo, a cui l’azienda ha risposto in modo inaccettabile, ribadendo che riconoscono “quale unico legittimo interlocutore ai fini della stipula dell’accordo di secondo livello le organizzazioni sindacali firmatarie del Ccnl Bpo (il contratto collettivo nazionale di lavoro del settore Business Process Outsourcing)”, ovvero unicamente il sindacato Cisal, che non ha iscritti in Ingo e non è certamente una sigla rappresentativa nel settore. “Siamo al punto che – commentano Slc, Fistel e Uilcom –
l’azienda si sceglie non solo il contratto ma anche il sindacato”.
Al termine del presidio una delegazione di sindacalisti delle tre categorie, lavoratrici e lavoratori e i segretari Cgil, Cisl e Uil del territorio sono stati ricevuti dalla Prefettura che ha comunicato l’invio al ministero del Lavoro di una nuova informativa sulla situazione e la possibilità di un’apertura di un tavolo con il coinvolgimento anche della parte datoriale.
“Se sarà necessario – scrivono le tre categorie – procederemo per le vie legali, perché questa vertenza è
considerata, anche dalle confederazioni, una vertenza simbolo, nella quale, oltre a calpestare la dignità delle lavoratrici e dei lavoratori, si cancella la rappresentanza, rischiando di creare un precedente pericoloso anche in altri settori”.