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“Purtroppo in alcune aziende i lavoratori hanno dovuto scioperare e rinunciare a una parte del proprio salario per tutelare la propria salute, ma restano un’eccezione di fronte a moltissime esperienze positive”. Così Davide Franco (Fiom Cgil Reggio Emilia), facendo il punto della situazione nelle aziende metalmeccaniche del territorio rispetto alle temperature roventi di questi giorni.
In questo ultimo anno la Fiom Cgil Reggio Emilia ha intensificato l’iniziativa sindacale rivendicando investimenti per il miglioramento del clima, in particolare nei reparti produttivi, a partire dall’assemblea provinciale che riunì gli Rls Fiom proprio a giugno dello scorso anno.
Diversi gli accordi aziendali che hanno previsto l’installazione di impianti di raffrescamento, a partire da aziende importanti quali Snap On, Smeg, Reggiana Riduttori, e altre aziende come Walvoil o Meta System che da anni hanno garantito ai lavoratori un clima dignitoso sia negli uffici sia ai montaggi e in sala macchine, dove oltre al caldo esterno i condizionatori devono combattere anche con il calore generato dagli impianti di lavorazione.
“Aziende come l’Argo Tractors, anche a seguito delle richieste dei lavoratori e del sindacato, negli anni scorsi hanno investito sul miglioramento del clima”, prosegue Davide Franco: “Questo conferma che relazioni industriali costruttive possono risolvere i problemi alla radice anche senza conflitti pubblici con le aziende”.
Il cambiamento climatico negli ultimi anni ha peggiorato le condizioni di lavoro, non solo per chi lavora all’aperto, come in agricoltura e nei cantieri edili, ma anche per chi opera in stabilimenti produttivi. Il verificarsi di periodi sempre più lunghi di alte temperature, soprattutto per chi svolge mansioni fisiche, aumenta il rischio di svenimenti e anche di danni alla salute sul lungo periodo.
“Negli ambienti chiusi è più facile affrontare il caldo, basta investire su sistemi di raffrescamento, ovunque sia concretamente possibile”, spiega la Fiom reggiana: “A causa delle ultime riforme pensionistiche le maestranze operaie sono mediamente invecchiate rispetto al passato.
Negli ultimi anni a questo fenomeno demografico si è aggiunto il riscaldamento globale, pertanto è sempre più urgente trovare soluzioni definitive che migliorino le condizioni di lavoro, non si può scoprire che fa caldo all’inizio di ogni estate come fosse una sorpresa”.
Stando all’osservatorio contrattuale della Fiom di Reggio Emilia, sarebbero almeno una trentina le aziende in cui gli accordi sindacali hanno previsto negli ultimi anni “orari estivi” per permettere ai lavoratori di evitare le ore più calde.
“Ci sono aziende come Emak - prosegue Davide Franco - in cui l’utilizzo dell’istituto della flessibilità in inverno permette di accantonare ore durante l’anno per ridurre l’orario giornaliero nei mesi più caldi. E ci sono aziende in cui, ad esempio, si accetta di fare magazzino durante l’inverno. Questo è un esempio concreto di attenzione alle condizioni di lavoro: sono aziende che non guardano solo al profitto, ma anche al benessere del personale dipendente”.
Per la Fiom questi esempi positivi sono un modello per tutte quelle aziende che ancora sono in ritardo nell’affrontare la questione. In tutte le aziende in cui gli investimenti per climatizzare gli ambienti di lavoro non sono stati ancora fatti, la richiesta sindacale è di modificare l’orario di lavoro.
“Le soluzioni pratiche sono poche e sono semplici”, prosegue Franco: “Anzitutto evitare le ore più calde, riducendo l’orario o anticipando l’ingresso. Poi vanno ridotti i ritmi di lavoro, ad esempio inserendo pause aggiuntive a carico delle aziende per permettere agli operai di riposare durante il turno. L’importante è avere la consapevolezza che dove non sono stati fatti investimenti adeguati sul clima, per alcune settimane dell’anno sarà inevitabile ridurre la capacità produttiva e la produttività”.
Per la Fiom le condizioni sono tali per cui in diverse aziende i lavoratori si trovano di fronte a un bivio: o si vedono riconosciute riduzioni di orario, oppure devono scioperare per evitare il rischio di collassi e svenimenti, e quindi lo sciopero diventa uno strumento estremo di autotutela della salute.
Nelle imprese metalmeccaniche dove il dialogo sindacale è positivo i problemi vengono affrontati in maniera preventiva, con il confronto tra direzione aziendale e delegati sindacali. “Durante l’emergenza Covid - dichiara Simone Vecchi (segretario generale Fiom Cgil Reggio Emilia) - i comitati paritetici tra azienda e Rls trovarono quasi ovunque le giuste soluzioni per tutelare al massimo la salute e garantire alle imprese di produrre. Furono fatti investimenti e modifiche dell’organizzazione del lavoro, e ne beneficiarono tanto i lavoratori quanto i bilanci aziendali”.
Il segretario Fiom, infine, richiama la piattaforma per il rinnovo del contratto nazionale delle imprese aderenti a Federmeccanica, dove i sindacati e i lavoratori hanno richiesto di estendere il modello dei “comitati anti-covid” alla gestione di tutte le problematiche relative alla salute e sicurezza. “Le esperienze che funzionano vanno generalizzate”, conclude Vecchi: “E il contratto nazionale serve a questo, a rendere protagonisti i delegati sindacali per risolvere i problemi dove si generano”.