Ifa: questa espressione non è ancora entrata a far parte del dizionario sindacale italiano. Ma è giunto il momento di familiarizzare con la sigla che indica il cosiddetto International framework agreement. Nei progetti sindacali, l’Ifa, ovvero accordo quadro internazionale, entrerà nella scena contrattuale italiana in occasione della prossima vertenza integrativa del gruppo Fiat. Non si tratta di un esordio assoluto. Infatti, il primo Ifa mai siglato nell’universo metalmeccanico riguarda un altro grande gruppo italiano: quello che all’epoca, negli anni 90, si chiamava Merloni Elettrodomestici ed è oggi la Indesit Company. Ma da allora sono passati più di dieci anni e se ne è quasi persa la memoria.
Che cos’è dunque un Ifa? “Innanzitutto è qualcosa di più significativo dei codici di condotta di cui si dotano, da qualche anno a questa parte, le multinazionali più volenterose”. A spiegarlo a Rassegna è Ron Blum, il sindacalista statunitense responsabile del settore auto della Fism, la Federazione internazionale dei sindacati metalmeccanici. “I codici di condotta – osserva Blum – sono atti unilaterali, gli accordi quadro sono frutto di un negoziato. E le regole negoziate sono più forti e stabili”. Firmando un Ifa una multinazionale si impegna non solo a rispettare un pacchetto di diritti minimi dei lavoratori e dei sindacati in tutti i propri stabilimenti, ma anche a servirsi di fornitori parimenti rispettosi di tali diritti. Nel giugno scorso, la Fism ha riunito a San Paolo del Brasile il Consiglio mondiale del settore auto. Sindacati metalmeccanici di 27 paesi hanno discusso sulla necessità di mettere a punto una risposta alle strategie attuate dalle multinazionali del settore nell’ambito dei processi di globalizzazione.
Uno dei primi frutti del Consiglio di San Paolo è l’incontro che i sindacati dei metalmeccanici italiani hanno organizzato a Torino, il 6 settembre, assieme alla Fism e ai sindacati di cinque paesi in cui la presenza della Fiat è particolarmente significativa: Polonia, Serbia, Turchia, Spagna e Brasile. Fim, Fiom e Uilm hanno così annunciato che intendono inserire nella piattaforma di gruppo la richiesta che anche la Fiat sottoscriva un accordo quadro in quattro punti: diritto di associazione sindacale e di contrattazione collettiva, nonché divieto di usufruire di lavoro minorile e di lavoro forzoso. I sindacati non pensano quindi a un accordo mondiale che regoli salari e orari nei diversi paesi in cui è presente la multinazionale torinese, ma a un accordo che garantisca diritti minimi anche in quei paesi dove questi non esistono neppure sulla carta. Alla Fiat ricorderanno che di simili intese, nel mondo, ne sono state realizzate già 53, di cui ben 11 nel settore auto (componentistica compresa). Tra i firmatari, Volkswagen, Daimler-Chrysler, Psa (cioè Peugeot) e Renault.