"Che ci mettano senso di responsabilità, come stiamo facendo noi, e che si ricordino che i lavoratori hanno una dignità e questa dignità non deve essere calpestata per il capitale”. È durissimo il monito di Igor Bergamini, coordinatore rsu Fiom alla Berco di Copparo, provincia di Ferrara. Una di quelle vertenze caldissime in cui si sta dispiegando con più forza il ricatto dell’impresa ai lavoratori. “Teniamo duro”, dicono le voci raccolte da Collettiva fuori dalla fabbrica, nell’ennesimo giorno di presidio degli operai, mentre dal tavolo al ministero, a Roma, arrivano brutte notizie. 

Al tavolo ministeriale del 13 febbraio l’azienda non si è presentata

Fiom, Fim e Uilm nazionali e territoriali denunciano “l’ennesimo affronto commesso dalla dirigenza della Berco ai danni del ministero delle Imprese e del Made in Italy, dei lavoratori e dei loro rappresentanti e del
Paese tutto”, dopo che il management dell’azienda ha confermato quanto annunciato ai dipendenti e cioè la propria assenza al tavolo ministeriale convocato per il 13 febbraio, “segno tangibile – scrivono i sindacati – di sprezzo per le autorità di questo Paese e dei percorsi che a fatica si mettono in campo per tutelare i posti di lavoro”.

Alla Berco sono a rischio 480 posti di lavoro

Nell’azienda, in portafoglio alla multinazionale tedesca Thyssenkrupp e specializzata nella produzione di componenti e sistemi sottocarro per macchine movimento terra cingolate, sono a rischio almeno 480 posti. “Riteniamo non più rinviabile l'intervento del governo e del ministro Urso sui vertici di Thyssenkrupp perché presiedano un confronto in sede ministeriale”. I lavoratori “proseguiranno con la mobilitazione fino a quando non saranno date risposte certe sul futuro degli stabilimenti di Copparo e Castelfranco”.

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“Questa vertenza va avanti da anni – riprende il racconto di Igor Bergamini –. Io ho 31 anni di anzianità e ricordo un tempo in cui questo stabilimento era il fiore all’occhiello del territorio e consentiva a tante famiglie di vivere dignitosamente. Adesso quelle stesse famiglie e questo stesso territorio li si sta portando sul lastrico. Sembra la nuova teoria del capitale: trattare i lavoratori come schiavi e non consentire loro di arrivare alla fine del mese, tutto perché il capitale aumenti i suoi profitti. Noi chiediamo che la multinazionale, la Thyssenkrupp, si sieda al tavolo e ci dica chiaramente cosa intende fare con Berco in Italia, quali sono le prospettive. E chiediamo che trovino delle soluzioni. Noi, come sindacati, siamo stati molto disponibili, anche quando ci sono state preventivate delle scelte che erano praticamente insostenibili, che a volte andavano persino contro la legge e il contratto nazionale. Nonostante tutto per il bene dei lavoratori, dal 2013 a oggi, nonostante siano uscite oltre mille persone, operai e sindacati ce l’hanno messa tutta. Ma non ci venga puntata una pistola alla tempia, non ci sia un ricatto, né da parte dell’azienda né della multinazionale”.

La situazione è davvero drammatica – conferma Massimo Musacci, rsu Fiom alla Berco –. La scorsa settimana hanno disdetto la contrattazione aziendale – che per un turnista vale circa 300 o 400 euro al mese – e adesso hanno aperto una procedura di licenziamento per 247 lavoratori. E pensate che questa è la quarta vertenza che ci troviamo a vivere dal 2013 a oggi. Questo stabilimento aveva 2.300 dipendenti. Ora, con gli ultimi esuberi, siamo rimasti 1.050: l’organico si è più che dimezzato”.

"Per un lavoratore che ha famiglia – spiega Luca Fioravanti, rsu/rls Fiom alla Berco –  l’effetto di queste decisioni è devastante e si ripercuote sul benessere di tutto il nucleo. La ricaduta sul territorio è pesantissima, anche perché questa è l’unica azienda di una certa dimensione nell’arco di 50 chilometri. Persa questa diventa un problema. Alla Thyssenkrupp chiediamo che ci lascino il nostro posto di lavoro, che non calino gli stipendi e che ci consentano di lavorare”.

(Alla raccolta delle immagini hanno collaborato Marco D’Alberti, Riccardo Franchetti e Alberto Sarnari)