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Ancora delicata la situazione dell'Alcar industrie, azienda che produce serbatoi e carpenteria per escavatori e vive da anni una situazione travagliata. La proprietà era stata rilevata nel 2019, ma l’arresto del presidente Matteo Ginatta e del figlio per riciclaggio e bancarotta fraudolenta, ne aveva messo in discussione il futuro industriale. L'Alcar si trova in concordato preventivo dallo scorso agosto, dopo essere passata per un precedente fallimento, una ristrutturazione e molti debiti da saldare.
Ora il peggio sembra essere passato per i 500 operai. Il tribunale di Lecce ha infatti prorogato di due mesi la scadenza del concordato preventivo per gli stabilimenti del capoluogo pugliese e di Vaie (Torino). La nuova deadline è ora fissata al 15 marzo, ma la proprietà deve presentare un piano che supporti l'istanza e versare un milione di euro per evitare il fallimento.
“La decisione del tribunale ci fa ben sperare, avevamo già sollevato la questione perché le tempistiche erano troppo strette. Il rinvio non era comunque una scelta scontata. Questo permette di valutare meglio le scelte future, anche in vista di possibili cessioni aziendali”, sottolinea soddisfatta Annarita Morea, segretaria sindacale Fiom Cgil. I 291 lavoratori del polo salentino, sede dell'Alcar, possono infatti tirare un sospiro di sollievo: una società locale sarebbe interessata all'acquisto del sito di Lecce. Si andrebbe così verso due aziende e due diverse proprietà.
Le istituzioni territoriali e giudiziarie stanno lavorando da mesi a una soluzione che garantisca una certa continuità nella produzione e definisca le risorse su cui potranno contare gli eventuali acquirenti. “Questo impegno costituisce un fatto positivo perché - continua Morea - l'attenzione delle istituzioni è fondamentale per risolvere la questione. È un momento delicato, serve senso di responsabilità e siamo contenti di non essere soli”.
All'incontro del 12 gennaio hanno partecipato, tra gli altri, i delegati dei prefetti di Lecce e Vaie, nonché il ministero dello Sviluppo economico. Anche la Regione si dice disposta a offrire un intervento economico, ma a condizione che l'impianto pugliese resti centrale nei programmi industriali. I sindacati chiedono, a propria volta, di non sacrificare la forza lavoro. “Dobbiamo salvare i livelli occupazionali di entrambi i poli industriali, anche in caso di 'separazione'. L'importante è garantire un contratto nazionale di riferimento a tutti i lavoratori”, spiega Morea.
Per ora sono solo indiscrezioni, ma per il polo di Lecce ci sarebbe anche un importante fondo internazionale interessato al rilancio dell'impianto. “Il fatto che qualcuno manifesti interesse verso l'Alcar e che ci sia il sostegno della Regione Puglia, è un'ottima notizia. Al ministero chiediamo solo di valutare con noi le offerte, perché non possiamo permetterci un'altra gestione poco trasparente o priva di solide basi economiche”, conclude la segretaria sindacale della Fiom Cgil.