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Un mercato del lavoro che continua a essere pieno di paradossi. Si prenda la somministrazione, cioè l’ex lavoro interinale. La “tagliola” messa dal decreto dignità sui contratti a tempo determinato – con il limite a 24 mesi – tra i suoi effetti aveva avuto quello di far crescere la quota di lavoratori somministrati assunti a tempo indeterminato, arrivati a quota 100 mila. Ora un pasticcio legislativo rischia di minare seriamente una posizione lavorativa che – con tutti i limiti della somministrazione – garantiva più stabilità e più tutele alle lavoratrici e ai lavoratori. “Per questo siamo in piazza oggi a Roma – ci dice Andrea Borghesi, segretario generale Nidil Cgil –. Una norma introdotta nel decreto Agosto 2020, infatti, interpretata alla lettera, prevede il limite dei 24 mesi per questo tipo di lavoratori, come per il tempo determinato, anche se essi sono assunti a tempo indeterminato nell’agenzia e collocati con missione a termine nell’impresa utilizzatrice. Insomma: una beffa vera e propria: dopo due anni non potranno continuare a lavorare nell'azienda dove sono stati collocati anche se questa ne ha ancora bisogno”.
Cosa rischiano questi lavoratori?
Semplice. Il rapporto di lavoro con l’agenzia rimane, ma rischiano di rimanere disoccupati, cioè di non lavorare, anche se con la tutela di un’indennità di disponibilità prevista dal contratto, se l’agenzia non riuscirà a ricollocarli presso un altro utilizzatore. L’altro paradosso è che si avvierà un turnover selvaggio, perché il soggetto utilizzatore dovrà sostituirli con altri lavoratori: il che è anche umiliante. Aggiungo che se rimane così la norma impedisce un processo di miglioramento delle condizioni di coloro che oggi sono a tempo determinato per l'impossibilità a stabilizzarsi almeno con le agenzie.
Il soggetto utilizzatore potrebbe, visto che ha comunque bisogno di quei lavoratori, stabilizzarli…
Magari in qualche caso avverrà, ma non credo nella maggioranza delle situazioni. Qui tocchiamo un altro aspetto critico: la mancanza di un processo che porti a un obbligo di stabilizzazione dei lavoratori – tema che riguarda ovviamente tutto il mercato del lavoro – e di misure che garantiscano la continuità lavorativa
Il 20 settembre avete avuto un incontro con il ministero del Lavoro, come hanno risposto ai vostri rilievi?
Il ministero si è dichiarato favorevole a modificare questa norma utlizzando strumenti normativi in essere, cioè la conversione di una serie di decreti leggi. Ma per noi non basta, per questo abbiamo confermato la mobilitazione. Bisogna intervenire con urgenza, magari con un decreto ad hoc, altrimenti i lavoratori rischiano di perdere il proprio lavoro già nelle prossime settimane. Insomma: le promesse non ci bastano, vogliamo un impegno più stringente.
Quali sono gli altri capitoli aperti rispetto al lavoro in somministrazione?
Direi almeno due. Il primo riguarda il mancato riconoscimento dell’indennità covid per i somministrati che hanno lavorato nella sanità pubblica svolgendo un ruolo essenziale durante la pandemia. Siamo in attesa di un decreto che ponga fine a questa discriminazione. La seconda questione è purtroppo irrisolta da anni: il mancato riconoscimento di questa tipologia di lavoro ai fini dei processi di stabilizzazione e nei concorsi pubblici. Anche questa è una ingiustizia palese.