“Giovedì 17 ottobre, alle ore 8.03, l’azienda manda una pec dove comunica l’apertura della procedura di licenziamento collettivo nello stabilimento di Copparo per 480 unità e la disdetta del contratto interrogativo aziendale”. A raccontare la vicenda della Berco, azienda del gruppo ThyssenKrupp e produttrice di sottocarri per macchine movimento terra cingolate, è il delegato Fiom Cgil Igor Bergamini.
La società conta 1.372 dipendenti tra gli stabilimenti di Copparo (Ferrara) e Castelfranco Veneto (Treviso). Nell’impianto emiliano ha annunciato il licenziamento del 40 per cento del personale (su complessivi 1.220 addetti), motivando la decisione con una riduzione degli ordini del 30% (con conseguente calo del fatturato) provocato da tensioni geopolitiche, concorrenza dei Paesi asiatici e alti costi di materie prime ed energia.
La Berco ha reso noto che non ci sono “misure alternative alla riduzione del personale. Si rende pertanto necessario procedere al licenziamento del personale strutturalmente in esubero per consentire la sopravvivenza dell’azienda e riallineare i livelli occupazionali alle mutate esigenze del mercato”.
Martedì 5 novembre è stato fissato a Roma un primo incontro al ministero per le Imprese. “Una botta di questo genere – riprende Bergamini – potrebbe mettere in difficoltà il futuro dello stabilimento, anche del secondo impianto Berco di Castelfranco Veneto. A detta di tutti gli amministratori che si sono succeduti, uno stabilimento di queste dimensioni potrebbe non avere più motivo di esistere”.
Il delegato Fiom Cgil così conclude: “Quanto fatto dalla Berco è una cosa fuori dal mondo, il nostro territorio è ormai alla desertificazione industriale. Copparo nasce come paese perché c’è lo stabilimento della Berco, ma è tutta la provincia, come anche le province limitrofe del Veneto e dell’Emilia-Romagna, a vivere del reddito generato dall’azienda. Non possiamo accettare che una multinazionale del gruppo ThyssenKrupp possa pensare di uscire dall’Italia”.