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Le segreterie regionali di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil esprimono una forte
preoccupazione rispetto all’andamento della trattativa per il rinnovo dei contratti provinciali di lavoro degli operai agricoli e florovivaisti di tutte le province della Regione.
I contratti provinciali sono stati disdettati ormai un anno fa e le relative piattaforme presentate alle controparti territoriali di CIA, Confagricoltura e Coldiretti a novembre 2023 dopo diversi incontri, al momento fotografano una situazione completamente bloccata, in modo particolare per quanto riguarda l’incremento salariale.
I numeri del settore in Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna sono circa 80.000 i lavoratori agricoli. Complessivamente sviluppano oltre 8 milioni di giornate lavorate. La maggioranza di loro è assunta con contratti precari, stagionali o a tempo determinato. I contratti provinciali di lavoro per gli operai agricoli sono di fatto contratti di primo livello, con materie di carattere normativo e retributivo demandate direttamente al Contratto collettivo nazionale di lavoro di settore.
“Nel rispetto del modello contrattuale agricolo – si legge in una nota sindacale unitaria – lo scorso ottobre le organizzazioni sindacali e le associazioni datoriali nazionali hanno raggiunto, dopo una complicata trattativa, un’intesa con lo scopo di tutelare i salari dei lavoratori con il recupero del differenziale inflattivo per il biennio 2022/23”.
"Tra le varie soluzioni, a tutela del potere d’acquisto e tenuto conto degli indici inflattivi previsti, è stato concordato un incremento del 3,5% del salario, da aggiungere agli aumenti retributivi che le parti avrebbero definito proprio nella fase di rinnovo dei contratti provinciali agricoli, partendo inoltre dal fatto che nel biennio di riferimento l’indicatore IPCA è pari al 3,9%. Oggi tale aumento, a livello territoriale, sembra essere addirittura disconosciuto dalle controparti agricole”.
A questo punto, Fai Flai e Uila regionali si chiedono se il modello contrattuale
agricolo, che in questi anni ha comunque dato risposte normative e salariali alle lavoratrici e ai lavoratori del settore primario, tenendo anche conto delle specificità territoriali, sia messo in discussione dalle stesse organizzazioni professionali agricole.
“L’Emilia-Romagna è la Regione del Patto per il clima e il lavoro, firmato da tutte le parti sociali, comprese quelle del settore primario, alle quali rammentiamo non solo il rispetto dei contratti, ma anche il loro rinnovo”.
“Ricordiamo – continuano Fai, Flai e Uila – che le organizzazioni sindacali sono sempre state interlocutori attenti alle problematiche del settore, al punto di condividere all’interno del piano di sviluppo rurale punteggi premianti nei bandi per le aziende che risultano iscritte alla Rete del Lavoro di Qualità, senza però prioritariamente dimenticare di tutelare il lavoro e la fatica di migliaia di lavoratrici e lavoratori del settore primario emiliano romagnolo”.
Gli ultimi anni hanno visto una crescente difficoltà a reperire manodopera agricola, in particolare quella più altamente specializzata, a causa anche di una scarsa attrattiva del settore, denunciano i sindacati. Che restano convinti che “una adeguata risposta normativa e salariale, attraverso il rinnovo dei contratti di lavoro, possa dare il giusto impulso per tutto il settore, fatto di produzioni di qualità che però devono conseguentemente riconoscere giuste retribuzioni ai
lavoratori”.
Per questi motivi Daniele Saporetti, Cristiano Pistone e Sergio Modanesi di Fai Cisl, Flai Cgil e Uila Uil regionali, auspicano una ripresa tempestiva delle trattative e “una convergenza sul tema importantissimo del salario che deve dare le necessarie risposte alle donne e agli uomini che lavorano in questo settore e che, con il proprio sudore, garantiscono i prodotti che poi arrivano sulle tavole rispetto a quanto finora insufficientemente proposto dalle associazioni datoriali”.