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Più di 3.000 euro l’anno è in media il costo per le cure riabilitative. È la cifra che sono costretti a spendere i cittadini, soprattutto quelli con patologie gravi, per poter fare le terapie di cui hanno bisogno. Il dato emerge dall’indagine civica messa a punto dall’organizzazione Cittadinanzattiva e dal Coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici, che ha chiesto a 503 pazienti di compilare un questionario nei mesi di settembre e ottobre dell’anno scorso. La ricerca delinea il quadro di un servizio di difficile accesso in tutta Italia, specie per le fasce più deboli e fragili della popolazione, per le persone con disabilità, per quelle con malattie invalidanti, degenerative, rare.
Liste d’attesa lunghissime, restrizioni da parte delle Regioni sulle ore di assistenza e sul numero di sedute, problemi di burocrazia, mancanza di orientamento, scarsa integrazione fra medico di medicina generale e specialista sono tra gli elementi principali che rendono inefficiente un settore fondamentale della sanità pubblica. Con differenze tra una regione e l’altra. “Ma anche tra un distretto e l’altro e tra singole Asl – precisa Maria Teresa Bressi, responsabile del Coordinamento nazionale delle associazioni di malati cronici –. Sulla base dei dati raccolti, possiamo affermare che i servizi sono in sofferenza un po’ dappertutto, fatta eccezione per pochi territori dove funzionano meglio, come Emilia Romagna e Toscana. A rispondere al nostro questionario sono stati per lo più malati di Sla, di artrosi, pazienti con ictus, parkinson, cardiopatici, insomma persone con patologie invalidanti che per questo soffrono maggiormente le carenze. Se per qualunque cittadino è un problema non accedere alla riabilitazione, per chi ha avuto un ictus o soffre di malattie cerebrovascolari o respiratorie è ancora peggio”.
Le difficoltà di accesso sono comprovate dai fatti: prima di effettuare l’intervento riabilitativo sono necessarie in media tre visite specialistiche, il che vuol dire che c’è stato chi se l’è cavata con una sola, ma anche chi è arrivato a farne addirittura dieci. Quanto ai risultati, nella maggioranza dei casi (53 per cento) le terapie non li hanno raggiunti pienamente, probabilmente a causa dei tetti massimi imposti dalle Regioni (in media 21 sedute). Questi limiti alle cure costringono i cittadini a mettere mano al portafoglio e ricorrere ai servizi a pagamento: chi ha partecipato all’indagine ha raccontato che per le cure riabilitative ha speso in media 3.181 euro l’anno, quindi c’è chi non ha pagato nulla e chi è arrivato a sborsare fino a 16 mila euro. Ma quanti non si possono permettere di accedere ai sevizi privati a volte rinunciano a riabilitarsi e finiscono per perdere delle funzioni con ricadute a carico del servizio sanitario e necessità di ancora maggiore assistenza.
L’indagine rivela infine che la maggioranza dei pazienti intervistati non ha “viaggiato” fuori dalla propria regione di residenza per curarsi, ma questo è comprensibile: a causa delle patologie, spesso i malati non possono muoversi da casa, figurarsi se possono spostarsi da una città a un’altra. “Quindi ognuno può ricorrere solo ai servizi che ha a disposizione nel proprio territorio, e come sappiamo non tutti hanno le stesse possibilità. E questo è ciò che ci indigna di più, perché ci sono malati che possono accedere a determinate cure e altri no”, conclude Bressi.