Caricati su furgoni nelle primissime ore del giorno, in alcuni punti di raccolta prestabiliti, nei pressi della stazione ferroviaria. Ammassati come bestie e poi portati nei campi, a lavorare fino a dieci, undici ore al giorno, in diverse aziende agricole del territorio, anche molto conosciute. Il tutto per una paga da fame, in alcuni casi persino di 3 euro l'ora. Attenzione, però: non siamo in Puglia e nemmeno a Rosarno. Siamo nel cosiddetto "cuore verde d’Italia", in Umbria, per l’esattezza a Perugia, dove nelle ultime settimane due diverse indagini della procura, guidata da Raffaele Cantone, hanno portato alla luce episodi sconcertanti di caporalato in agricoltura.
La prima inchiesta è già arrivata al rinvio a giudizio e il processo si aprirà a giugno. Sono imputati un uomo e una donna, italiani, rispettivamente presidente e consigliera d'amministrazione di una società cooperativa sociale. Dalle indagini è emerso chiaramente un quadro di ricatti e abusi che facevano leva sull’esigenza dei lavoratori di conseguire il permesso di soggiorno e risorse economiche per sé e per i propri familiari. In questo procedimento la Flai Cgil dell’Umbria è stata ammessa come parte civile, anche in virtù della sua attività di “sindacato di strada” che negli anni passati, in particolare grazie al progetto di legalità in agricoltura Di.Agr.A.M.M.I. Nord, l’ha portata ad intercettare numerosi lavoratori in condizioni di sfruttamento.
La seconda inchiesta riguarda invece 5 persone, tutte straniere, che secondo gli inquirenti reclutavano cittadini stranieri, anche irregolari, per farli lavorare nei campi fino a dieci ore al giorno per una paga da fame, dalla quale veniva anche arbitrariamente sottratta la quota per il posto letto: alloggiavano tutti in un casolare, sporco e fatiscente, nelle campagne di Panicale, sul lago Trasimeno. Da lì venivano poi smistati verso aziende agricole delle province di Perugia, Grosseto, Arezzo e Siena. A gestire questo “sistema di sfruttamento” era in particolare un imprenditore agricolo di nazionalità turca, che è stato posto agli arresti domiciliari: il Gip del Tribunale di Perugia ha disposto nei suoi confronti il sequestro della somma di 230mila euro.
"Va istituita immediatamente sia in provincia di Perugia che in quella di Terni, la 'Sezione territoriale della Rete del lavoro agricolo di qualità', come previsto dalla Legge 199/2016 fortemente voluta a livello nazionale dalla Flai Cgil”. Questa la richiesta avanzata nei giorni scorsi da Luca Turcheria, segretario generale della Flai Cgil Umbria. “Noi chiediamo che le aziende che si iscriveranno a questa rete, certificando così la posizione di regolarità, abbiano delle premialità quando si parla di finanziamenti - ha spiegato Turcheria - Crediamo davvero che sia necessaria una risposta forte ed immediata da parte di tutti i soggetti che compongo la filiera agricola, perché è attraverso il coinvolgimento di tutti che si possono trovare soluzioni più efficaci. Pertanto, insieme a Flai Cisl e Uila Uil, abbiamo chiesto al Prefetto di Perugia la convocazione di un tavolo”.