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Rossana Dettori dobbiamo ringraziare il legislatore del 1978 che sulla spinta di un movimento di lavoratori e cittadini dette attuazione all’articolo 32 della Costituzione instituendo il Servizio sanitario nazionale, universale e pubblico. Senza quello oggi cosa sarebbe?
Il fatto di aver giusto un anno fa festeggiato il quarantesimo anniversario dell’istituzione del Servizio sanitario nazionale, e quindi aver sancito con una legge che la salute è un diritto di cittadinanza inalienabile, oggi ci permette di dire che questo sistema sta fronteggiando e tenendo botta a una vera e propria emergenza del tutto imprevedibile e inedita. Dobbiamo davvero rendere merito a chi allora ebbe quella lungimiranza. Contemporaneamente, però, dobbiamo anche dire che sono sotto gli occhi di tutti gli effetti non solo dei tagli lineari che negli ultimi vent'anni hanno notevolmente sottofinanziato il sistema, ma anche quelli determinati dal blocco del turnover. Più in generale, dobbiamo aprire una riflessione su cosa ha significato e cosa significa la politica del restringimento del perimetro pubblico tenacemente perseguita in questi decenni, in sanità e non solo. Sono anni che denunciamo la gravità della decurtazione di risorse in sanità, il continuo depotenziamento delle reti territoriali che se oggi fossero pienamente funzionanti contribuirebbero non poco a contenere il contagio e a dare risposte a cittadini e cittadine. Denunce del tutto inascoltate. Per fortuna il fatto che abbiamo un servizio universale ci sta permettendo di affrontare questa emergenza.
Dettori, è una riflessione che forse andrà fatta più compiutamente quando saremo fuori dal tunnel, ma è sotto gli occhi di tutti che forse la scelta di devolvere alle regioni le competenze sulla sanità non è stata una scelta felicissima...
Sì, è una riflessione da fare, dopo. Ma certo è evidente come nel momento in cui è necessario affrontare nazionalmente un’emergenza, avere sistemi regionali differenti non solo per finanziamento ma anche per organizzazione qualche problema serio lo sta certamente creando. Serve un ministero della Salute molto forte, che dia indicazioni uguali per tutti perché occorre garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini e cittadine dalla Sicilia al Friuli Venezia Giulia senza distinzioni. E occorre mettere in sicurezza anche tutti i lavoratori e le lavoratrici che operano in prima linea, negli ospedali della Lombardia come in quelli della Calabria. È complicato visto che occorre fare i conti con organizzazioni e modalità non sempre fino in fondo collaborative. Mi sento di fare un appello: in questa fase abbiamo bisogno di un vero coordinamento di istituzioni e funzioni del Paese, non si può denunciare ritardi ed eventuali malfunzionamenti senza ragionare sulle cause, insito i tagli inferti al sistema negli ultimi vent’anni e scelte politiche pluridecennali di dimagrimento non solo economico ma anche di teoria politica del pubblico. Certo, le differenze tra Regioni sono notevoli e sappiamo che nel Sud la sanità è meno pronta che al Nord e allora in questa fase emergenziale dobbiamo capire come dirottare risorse, non solo monetarie, nel Mezzogiorno. Insomma, dobbiamo rapidamente mettere quelle regioni nelle condizioni di rispondere positivamente se arriverà l’ondata dei contagi.
Veniamo al che fare. Il governo ha emanato provvedimenti specifici, un piano di assunzione di 20 mila tra medici infermieri e varie professioni sanitarie, e un piano per l’acquisto di presìdi sanitari e di postazioni di terapia intensiva. Piani a cui manca ancora la copertura finanziaria che dovrà essere nel prossimo decreto con i provvedimenti economici, in seguito al via libera allo sforamento di bilancio votato proprio in queste ore dal Parlamento...
Il mio primo pensiero è per medici, infermieri, tecnici di laboratorio, personale ausiliario, addetti alle pulizie e alla sanificazione degli ambienti ospedalieri, ricordando anche che una parte sono direttamente dipendenti del Sistema sanitario nazionale, altri, invece, sono occupati in appalto con meno tutele e meno salario, ma con la stessa professionalità e abnegazione dei primi. Sono da anni sotto organico, lavorano senza sosta senza più rispettare turni di riposo, senza nemmeno la garanzia di un'adeguata remunerazione dello straordinario. A tutti e tutte dobbiamo garantire innanzitutto sicurezza, ma voglio prima di tutto ringraziarli, senza ciascuno di loro non ce la faremmo. Sono stata per 25 anni infermiera di rianimazione e conosco bene la durezza di quel lavoro. Tanto più in una fase come quella che stiamo affrontando. Oggi tutti siamo loro grati e li consideriamo alla stregua di eroi, non vorrei che domani tornassimo a dimenticarci di loro. Ecco, il nostro impegno deve essere anche questo, finita l’emergenza il lavoro pubblico in sanità, ma non solo, deve tornare ad essere considerato e valutato per ciò che è, valore, professionalità, abnegazione e anche presidio di democrazia. Torniamo alla domanda. Il governo sta varando norme sicuramente utili, 20 mila assunzioni, non totalmente sufficienti che però rispondono all’emergenza, bene. Occorre però anche discutere immediatamente su come si abrogano tutte le norme che hanno impedito turnover e assunzione di personale. Così come diciamo al governo di utilizzare questa occasione per investire di più nel Sistema sanitario nazionale non solo per fronteggiare l’emergenza, ma in maniera strutturale. Rendiamolo davvero universale, uguale in tutto il Paese. Dall’esecutivo però, abbiamo bisogno anche di alcuni chiarimenti. Le norme varate servono a mettere in sicurezza i cittadini, ed è non solo giusto ma prioritario farlo, però non si parla di lavoratori e lavoratrici. Occorre mettere in sicurezza anche quanti, nonostante le restrizioni, continuano ad andare a lavorare, nelle fabbriche, negli uffici, nei luoghi della grande distribuzione alimentare, negli ospedali e nei presìdi medici. Va garantita la sicurezza di tutti e tutte. Occorre che governo e imprese discutano con noi su come garantire sicurezza anche nei luoghi di lavoro.
Rimaniamo sul che fare. Quando arriveranno i nuovi assunti e come formarli? Quando arriveranno i nuovi presìdi e posti di terapia intensiva e come verranno distribuiti?
Non abbiamo tempo, le assunzioni servono da ieri. È uscito un primo decreto che parla delle assunzioni degli specializzandi e delle borse di studio, mancano i criteri e le coperture economiche che dovrebbero essere contenuti nel decreto in approvazione dal Consiglio dei ministri di venerdì. Abbiamo bisogno di potenziare tutta la rete, non solo gli ospedalieri, occorrono anche medici di medicina generale e pediatri di libera scelta. Abbiamo, inoltre, chiesto che venga coinvolta pienamente anche la sanità accreditata e che vi possa essere mobilità dal privato al pubblico; se strutture private hanno a disposizione medici rianimatori, questi debbono poter essere dirottati nei presìdi pubblici che ne hanno bisogno. Le organizzazioni datoriali della sanità privata debbono mettersi a disposizione dello Stato per rispondere a questa emergenza. Diciamo così, bisogna già attivarsi affinché, appena pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto di venerdì, si sia immediatamente in grado di effettuare le assunzioni. Poi, è evidente che esiste un problema enorme di formazione. Questo comporterà un'organizzazione del Sistema sanitario nazionale che non solo sia in grado di darvi risposta positiva, ma soprattutto che sia in grado di spostare medici con esperienza e professionalità consolidate dai reparti meno critici a quelli dell’emergenza Coronavirus, inserendo i nuovi assunti in strutture a minor criticità. Assumere subito e far ruotare il personale. Ho fiducia nell’intero sistema, confido che questa operazione riuscirà. Infine le postazioni di terapia intensiva: è già partita la gara Consip per acquistarne 5.000, le prime dovrebbero arrivare nel giro di qualche giorno. Occorre garantire che personale e postazioni vengano distribuite su tutto il territorio nazionale andando immediatamente a rafforzare quei luoghi dove la carenza è maggiore. Penso ovviamente al Sud. Ritengo che a questo proposito vada istituito presso il ministero della Salute un Osservatorio per verificare, raccogliendo anche le segnalazioni dal territorio, e controllare quanto accade negli ospedali del Mezzogiorno in modo da rispondere prontamente a bisogni e necessità.
Parliamo di tenuta democratica del Paese. Si sente vociferare di commissari magari militari, che esautorino governo e Parlamento. Non dovremmo proprio in una fase di così grave emergenza tenerci stretti alla Costituzione e cercare nella Carta le risposte che servono?
La risposta è sì! Io personalmente, ma vale per tutti, sono particolarmente preoccupata che alcuni dei commenti di politici e giornalisti lancino questi messaggi: siccome siamo in emergenza, allora occorre superare la Costituzione. No, non funziona così. Anzi per fortuna abbiamo la Costituzione. Lo ricordavamo all’inizio, afferma che la salute è un diritto di tutti e di tutte e che va garantito a ciascuno in egual modo. Lo stesso vale per le libertà sociali e civili. Certo, in questo momento, proprio per garantire il diritto alla salute, qualche libertà va un po’ limitata, ma non sopprimendo né limitando spazi e percorsi di democrazia. Condivido profondamente le norme che impediscono spostamenti non necessari e assembramenti – stiamo parlando di norme che garantiscono la sicurezza sanitaria del Paese e cercano di limitare la crisi economica che inevitabilmente ne conseguirà –, ma questo non significa affatto chiedere l’uomo unico al comando e la chiusura di Parlamento e spazi democratici. Vale per tutti, anche per il sindacato, perché l’idea che siccome siamo in emergenza il confronto, l’ascolto, la contrattazione debbano essere superati è un macroscopico errore. Il sindacato ha contribuito fortemente alla tenuta democratica del Paese, durante il fascismo e la seconda guerra mondiale, durante il terrorismo e durante le varie fasi di crisi economica profonda. Lo dico con grande chiarezza: nessuno si faccia venire in mente che si deve fare il supercommissario che esautora i poteri dello Stato. Abbiamo un governo, penso si stia muovendo in maniera coerente, ovviamente con tutte le difficoltà che ha di fronte chi deve affrontare una situazione inedita e difficilissima. Democrazia e partecipazione sono i virus positivi che, se riusciremo a far diffondere, ci permetteranno di uscire da questa crisi mantenendo lo Stato democratico, anzi rafforzandolo.