Eni ha confermato la volontà di procedere alla ristrutturazione delle attività di Versalis, con la chiusura degli ultimi due impianti di cracking, a Priolo e Brindisi, e la dismissione totale del sito industriale di Ragusa, cuore della chimica di base in Italia. Chiusure che, dopo quelle degli ultimi anni a Porto Torres, Gela e Porto Marghera, oltre a provocare la perdita di migliaia di posti di lavoro, comportano la fine di una produzione fondamentale. L'80% delle produzioni chimiche viene utilizzato in tutti gli altri settori industriali del nostro Paese.

Leggi anche

Eni, un’azienda diversa dalle altre

Eni è un’azienda partecipata dallo Stato con una quota rilevante, non può comportarsi come un qualsiasi fondo finanziario che agisce solo per aumentare il profitto degli investitori. Il governo impedisca questo scempio”. È quanto dichiarano in una nota congiunta da Cgil nazionale e Filctem Cgil in merito all’incontro convocato il 3 dicembre scorso al ministero delle Imprese e del made in Italy dal ministro Adolfo Urso per discutere il piano di riorganizzazione annunciato da Eni in relazione al ruolo della controllata Versalis.

“Le produzioni chimiche nel nostro Paese – sottolineano – hanno la necessità di mantenere una loro forte integrazione, e questo piano rischia di mettere in discussione tutti gli altri stabilimenti come Ferrara, Mantova, Ravenna, causando un effetto domino di portata devastante dal punto di vista industriale e sociale, che riguarderebbe, tra occupati diretti e indotto, oltre 20 mila persone”.

Le preoccupazioni di Cgil e Filctem

Per Cgil e Filctem “in questo modo si guarda all’interesse degli azionisti, che lamentano le perdite derivanti da una crisi congiunturale legata alla sovrapproduzione cinese e al rallentamento della produzione industriale mondiale. Ma ciò che si determinerà – ribadiscono - avrà impatti gravissimi, perché indebolirà ulteriormente il tessuto produttivo italiano e ci condannerà, anche in questo settore, alla subalternità delle importazioni estere, esponendo la fragilissima competitività delle nostre aziende alle ben più forti e consolidate dinamiche dei mercati mondiali. Una lotta impari, aggravata dalle tensioni geopolitiche che rappresentano un rischio gravissimo per il nostro Paese”.

“Siamo convinti che il ministro Urso sbagli a ritenere positiva la riconversione annunciata dall’azienda. Perché Eni si limiterà svolgere di fatto la funzione di intermediario sull’acquisto dei prodotti della chimica di base, non potendo agire per soddisfare i bisogni nazionali. Esattamente come già avvenuto durante il periodo della pandemia”.

Oggi un nuovo appuntamento

“Chiederemo al governo che al tavolo per la chimica convocato per oggi, 5 dicembre alle ore 16, si discuta di come impedire questa rovina. Occorre intervenire urgentemente sui veri problemi che riguardano l’intero tessuto industriale del Paese, a partire dal tema centrale del costo sproporzionato dell’energia. Il sovranismo – concludono Cgil e Filctem – non può essere la risposta alla crisi, ormai evidente dopo venti mesi di calo della produzione industriale. Vanno introdotte azioni e strategie concrete per garantire la competitività delle imprese italiane, evitando di esporle a rischi di mercato legate a dinamiche internazionali e dunque non governabili”.