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Scoperti nelle campagne del Casertano venti braccianti agricoli in nero e sfruttati, tutti stranieri, provenienti soprattutto dall'est Europa e dal nord Africa, nel corso di controlli effettuati dall'ispettorato del lavoro e dai carabinieri. Un’azione anti-caporalato che ha portato a provvedimenti di sospensione dell'attività per cinque aziende agricole.
Nel mirino c’erano diciassette ditte dei territori dell'agro-aversano, dell'agro-sessano e della zona dei Mazzoni, dove sono presenti soprattutto piantagioni di pomodori, peperoni, melanzane e angurie. In un campo gli ispettori hanno trovato sette lavoratori intenti a raccogliere angurie sotto il sole cocente, alcuni senza scarpe, pagati a cottimo, sette euro a cassone, e impiegati per 9 ore al giorno senza riposo settimanale.
“L’operazione ha fatto emergere ancora una volta le condizioni estreme a cui i lavoratori agricoli, per lo più extracomunitari, sono sottoposti – affermano la segretaria generale Flai Cgil Napoli e Campania Giovanna Basile e il segretario generale Flai Cgil Caserta -. Da settimane chiediamo lo stop al lavoro durante le ore più calde della giornata, ma a oggi non abbiamo ricevuto nessuna risposta alle richieste avanzate alla Regione, affinché emanasse una specifica ordinanza come fatto in altre regioni del Sud. A questo si aggiungono le tante irregolarità nei rapporti di lavoro, nel rilascio permessi di soggiorno e le paghe da fame per un'intera giornata nei campi".
"Tutto questo è sfruttamento, si chiama caporalato - concludono i due sindacalisti -. Esiste una legge nazionale per contrastarlo, ma le aziende, complice anche la scarsità di controlli e sanzioni, la aggirano senza troppi scrupoli. La politica e le istituzioni devono farsi carico una volta per tutte di questa piaga sociale che colpisce migliaia di lavoratori e lavoratrici, senza i quali non sarebbe garantita la filiera agricola in Campania".