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Prima annunciano una procedura di licenziamento per 45 lavoratori su 84 per poter dar luogo al rilancio dell’azienda, poi, il “rilancio” riguarda solo i numeri delle persone lasciate a casa: 84 su 84. Cioè tutti. Così, Calvin Klein storica azienda del lusso, nata a New York nel 1968, dopo aver chiuso la sede operativa di Trento nel 2017, decide di disinvestire ulteriormente sull’Italia e annuncia la cessazione definitiva delle attività della sua prima linea impattando di conseguenza le sede meneghina.
Questa volta la procedura riguarda Milano, la sede di Viale Umbria. Capitale della moda, città simbolo per lo stile e per il Made in Italy, ma evidentemente non ritenuta strategica dal management del colosso americano. Filctem Cgil, Femca Cisl e Uiltec Uil esprimono "grave preoccupazione per la scelta aziendale annunciando fin d’ora che vi saranno iniziative a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori". I sindacati chiedono alla dirigenza di Calvin Klein di "rivedere la decisione di uscire dal Made in Italy. Assicurano il proprio impegno affinché sia ridotto quanto più possibile l’impatto sociale di questa scelta, auspicando che l’azienda si produca nella medesima direzione a sostegno delle 84 famiglie coinvolte".