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Adesione totale allo sciopero di questa mattina (lunedì 14 giugno) delle lavoratrici e dei lavoratori di Call Direction. La vertenza occupazionale del piccolo call center di San Pietro in Casale, provincia di Bologna, che ha perso in due anni il 60% dei dipendenti, si inserisce a pieno titolo nella mobilitazione nazionale di Cgil, Cisl e Uil sugli appalti.
A San Pietro, infatti, Call Direction gestisce, tramite la ditta subappaltatrice Gap di Trieste, il servizio clienti di un fondo sanitario di San Paolo Rbm. Ma essendo l’unica sede di Call Direction sindacalizzata e contrattualizzata con un contratto nazionale dei sindacati confederali, da un anno viene svuotato di lavoro dal subappaltante, che dirotta le chiamate su altri centri con contratti meno costosi – probabilmente anche all’estero. Le conseguenze sono state: contratti a termine non rinnovati, un utilizzo continuo di Fis Covid (senza accordo con il sindacato), nonostante i volumi di lavoro non siano calati e al solo scopo di tagliare i costi, e uno stato di agitazione in vista della fine del blocco dei licenziamenti.
“Da più di un anno, da prima della pandemia, stiamo chiedendo che la filiera del servizio di assistenza degli utenti del fondo SanPaolo Rbm, gestito da Call Direction sia chiara, trasparente, nella cornice della contrattazione nazionale confederale e delle leggi che normano l’offshoring dei call center all’estero”, spiega il funzionario di Slc Cgil Bologna, Luca Barbuto.
“Siamo stanche del Fis, non è possibile stare in cassa integrazione da un anno e vedere che ci sono 50 chiamate in coda”, dice Ida Malaguti, Rsu di Slc, unico sindacato presente in azienda. “Ci dispiace anche per gli assistiti, che lamentano lunghe attese e un servizio scadente di cui non siamo responsabili. Eravamo in 43 nella vecchia sede di Funo. Ora ci siamo trasferite a San Pietro ma siamo rimaste in 15, quasi tutte donne a part time. Ma è chiaro che se non fossimo state stabilizzate a tempo indeterminato grazie a una vertenza sindacale di due anni fa anche noi saremmo a casa”.
Le lavoratrici e i lavoratori vivono il paradosso di essere a rischio per il solo fatto di essere l’unica sede del gruppo ad adottare un contratto nazionale dignitoso, benché su un livello di inquadramento minimo da rivedere urgentemente”, conclude Barbuto. Lo sciopero odierno aveva come obiettivo anche la regolarizzazione delle altre sedi di Call Direction, perché se il lavoro è dignitoso in tutte le sedi ci guadagnano tutti, compresi gli utenti del fondo sanitario.