A quasi un anno dal duplice infortunio mortale alla Ecb, il territorio di Treviglio ha assistito a un nuovo, tragico, evento che ha colpito, ancora una volta, il settore dell’industria alimentare, particolarmente diffuso nella zona con piccole e medie realtà. Un lavoratore quarantenne, nato in Albania, ma cittadino italiano e residente a Casirate, padre di due figli piccoli, è morto sabato scorso per l’infortunio sul lavoro che si era verificato qualche giorno prima, il 25 febbraio, alla 'Piuma d'oro' di Treviglio. Sembra che il lavoratore, tramite una scala provvista di parapetto solo su due lati, si sia portato all'altezza di due metri dal suolo, su una macchina impastatrice. Per cause ancora da chiarire, il lavoratore è caduto all'interno, procurandosi ferite gravissime. Ricoverato all'ospedale Niguarda di Milano, è poi deceduto.
“Proviamo sgomento per la tragica scomparsa del lavoratore. Siamo vicini alla sua famiglia, a cui porgiamo sentite condoglianze. Assistiamo a una nuova morte, dolorosissima, nella nostra provincia: chiediamo unitariamente che venga fatta piena luce sull’accaduto e sulla dinamica, ma sin d’ora sentiamo la necessità di porre alcune, drammaticamente banali, questioni – hanno commentato Angelo Chiari, Cgil, Danilo Mazzola, Cisl e Saverio Capuzziello, Uil di Bergamo –. Com’è possibile che un lavoratore, in cima a una scala, possa cadere in un macchinario in movimento? Come mai non c’erano protezioni né meccanismi automatici di blocco? Tutte le fasi lavorative devono essere eseguite rispettando rigide procedure di sicurezza atte a evitare simili tragedie: il lavoratore, stagionale da due anni, che secondo notizie di stampa avrebbe cercato di sistemare il macchinario senza fermare la produzione, aveva ricevuto tutti gli strumenti di informazione e formazione sui rischi di quello che stava facendo? Se ha avuto formazione, perché non è stata efficace? Chi verifica, in quell’azienda, le procedure? Si dà dignità al lavoro, giorno dopo giorno, certo tramite un’equa e stabile retribuzione, ma soprattutto garantendo l’assoluta incolumità psicofisica dei lavoratori. Siamo disponibili, anche tramite assemblee, a verificare con ciascun lavoratore le condizioni in cui si trovano ad operare in quell’azienda. Siamo pronti, nel caso lo ritenesse opportuno, ad assistere legalmente la famiglia”.
Bergamo, ennesima morte sul lavoro
4 marzo 2019 • 16:58