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La crisi non risparmia neanche le aziende della moda. Ma stavolta non stiamo parlando di un’impresa contoterzista, ma di un brand affermato nel mondo della pelletteria e dell’abbigliamento: quello di Bally Studio. La società elvetica, di proprietà dall’agosto scorso del fondo d'investimento californiano Regent Lp, venerdì 6 dicembre ha annunciato la chiusura dello stabilimento di Lastra a Signa (Firenze).
I lavoratori licenziati sono 55, immediata è stata la protesta di addetti e sindacati. L’azienda, per altro, non ha neanche utilizzato alcun tipo di ammortizzatori sociali, passando direttamente alla dismissione dell’attività. Per oggi (martedì 10 dicembre) è previsto un incontro tra azienda e sindacati, cui seguirà un’assemblea dei dipendenti.
Cgil-Filcams: “Servono gli ammortizzatori sociali”
“Siamo dunque di fronte al primo brand che, a fronte della crisi della pelletteria, sceglie di scomparire lasciando 55 persone senza alcuna soluzione”, commentano Mauro Faticanti (Cgil Firenze) e Yuri Vigiani (Filcams Cgil Firenze): “Chiediamo l’apertura di un tavolo all’Unità di crisi della Regione Toscana in cui porremo il ritiro dei licenziamenti e l’utilizzo degli ammortizzatori sociali”.
Per i due esponenti sindacali “questo percorso, che arriva alla fine di scelte aziendali non adeguate, è inaccettabile, sbagliato e non praticabile. Siamo assolutamente contrari a questo tipo di decisioni. Chiediamo alla Regione Toscana di essere al fianco dei lavoratori e delle lavoratrici dichiarando inaccettabili i licenziamenti come strumento per la gestione della crisi nel settore”.
Faticanti e Vigiani stigmatizzano anche il comportamento del governo nazionale, che con “la sua non azione si sta assumendo la responsabilità di un massacro sociale”. E ribadiscono la richiesta, già avanzata “ai vari tavoli da Roma in giù, di dotarsi di una politica industriale degna di questo nome e finanziare nuovi e concreti ammortizzatori sociali, per tutti i settori coinvolti, adeguati alla gravità della crisi”.
I due dirigenti Filcams evidenziano che “la salvaguardia della filiera produttiva della pelletteria del territorio deve essere protetta proprio a partire dalle sue capacità produttive e impiantistiche. Chiudere significa impoverire un territorio in maniera irreversibile”.
Alle associazioni datoriali, Faticanti e Vigiani chiedono “di agire un ruolo di responsabilità e l’apertura di un tavolo per la gestione complessiva delle crisi”. Ai principali brand del lusso, in conclusione, chiedono “esplicitamente di non seguire questa strada, di assumersi le proprie responsabilità e di confrontarsi con noi su soluzioni socialmente sostenibili”.