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“Gli appalti metalmeccanici nel settore petrolchimico oggi rappresentano l’espressione massima della frantumazione del mondo del lavoro in un settore strategico per il Paese come quello delle energie”. È da questa considerazione che prende le mosse la mobilitazione nazionale dei lavoratori del settore indetta per martedì 6 luglio da Fiom Cgil, Fim Cisl e Uilm Uil: previsto lo sciopero generale e un presidio a Roma, presso la sede del ministero dello Sviluppo economico. A partire dalla prossima settimana, inoltre, inizierà una campagna di assemblee in tutti i luoghi di lavoro.
“Non si è mai affermata una logica ampia di settore e di sistema, di filiera, nella quale la competizione venisse in realtà affrontata sul terreno della qualità dei processi produttivi, del riconoscimento dei diritti dei lavoratori, piuttosto che limitarsi sulle pratiche di dumping contrattuale e la graduale riduzione dei diritti dei lavoratori e della contrattazione collettiva”, illustrano i sindacati, chiedendo “il rispetto degli accordi di sito e territoriali che spesso rimangono solo sulla carta e l’utilizzo della clausola sociale in occasione dei tanti ‘cambi appalto’ che non possono essere liquidati con la semplice creazione dei bacini occupazionali, oramai sovraccarichi e poco utilizzati soprattutto nelle aree di crisi complessa. Proprio in questi territori c’è necessità di un maggiore coinvolgimento e presa di posizione della politica locale”.
Fiom, Fim e Uilm sollecitano “una decarbonizzazione che non si traduca in de-industrializzazione e ulteriore perdita e frammentazione del lavoro, ma venga accompagnata da una giusta transizione che tenga insieme le ragioni della sostenibilità ambientale e dell’occupazione”. Il Piano nazionale di ripresa e resilienza non deve essere “la scusante per aspettare, bensì sia il volano di una reale ripresa che potrà essere realizzata solo a fronte di una concreta progettualità. Il Recovery Fund sia un’opportunità e non la promessa di un futuro che deresponsabilizzi le imprese”.
I sindacati evidenziano anche che la transizione ha già pesantemente penalizzato sia interi insediamenti territoriali sia i lavoratori, con un “massiccio utilizzo di ammortizzatori sociali e, nei casi peggiori, il licenziamento degli stessi. L’annunciato sblocco dei licenziamenti fa aumentare le preoccupazioni”. Le tre organizzazioni, dunque, chiedono che “l’utilizzo delle risorse pubbliche da parte delle imprese sia condizionato a un vincolo occupazionale e al divieto di delocalizzare le produzioni, al rispetto e all’applicazione delle norme che tutelano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro”. Per tutte queste ragioni, i sindacati ritengono “non più rinviabile una mobilitazione dell’intero settore metalmeccanico degli appalti petrolchimici per riaprire la discussione con il governo sulla centralità del settore e progettare un percorso di transizione energetica che sia sostenibile e valorizzi le competenze delle lavoratrici e dei lavoratori”.