PHOTO
Alla vigilia della manifestazione di Torino Collettiva ha parlato con Giorgio Airaudo, segretario generale della Cgil del Piemonte ed ex responsabile auto della Fiom nazionale, della situazione di crisi ingenerata a Torino e nel Piemonte dalla mancanza di risposte da parte di Stellantis.
Segretario, da sindacalista torinese e di lungo corso Fiom che idea ti sei fatto dell’atteggiamento di Stellantis in questi mesi?
Stellantis sta tenendo in ostaggio i lavoratori del gruppo, soprattutto quelli di Mirafiori che hanno un grande carico simbolico per ragioni storiche, per aprire una trattativa sugli incentivi con il governo. E sono convinto che l’Italia debba avere più paura dell’ad del gruppo, Tavares, che dei cinesi. Perché un campione del capitalismo internazionale come lui, con i profitti che fa Stellantis, non dovrebbe temere la concorrenza cinese. Anche se non producono in Italia, ma in Spagna piuttosto che in Ungheria, gli italiani compreranno le auto cinesi perché saranno sul mercato, se saranno più convenienti. Il tema loro è ridurre un po’ i profitti che sono enormi, investire ed essere competitivi. Il paradosso è che siamo noi che ci preoccupiamo di più del futuro di Stellantis. Non è che Stellantis può produrre in Italia solo cassa integrazione e incentivi alle dimissioni. Perché la cassa integrazione se la pagano le lavoratrici e i lavoratori sull’imponibile lordo e Stellantis ha più incentivato le dimissioni che assunto da quando è nata in Italia.
Torino e il Piemonte possono e devono trovare definitivamente un’alternativa alla produzione industriale di auto?
Credo che nel breve periodo, dieci, quindici anni, non c’è un’alternativa all’automotive per Torino, non tanto per Mirafiori dove i dipendenti sono circa 12mila, ormai più impiegati che operai. La mia preoccupazione è sull’indotto italiano in generale e in particolare in Piemonte. In questo senso abbiamo un problema piemontese e la scelta di Stellantis di spostare fuori Europa i fornitori di componentistica mette in crisi un pezzo del sistema industriale che lavora per Stellantis, ma non solo. Quindi io penso che nel breve il tema è tenere questo sistema industriale. L’auto dei prossimi dieci, quindici anni, non sarà l’auto termica e quindi noi dobbiamo stare sull’innovazione. È un’auto che non sarà di proprietà, è un’auto che sarà venduta insieme alla componente energetica. In Cina ormai ti vendono l’auto elettrica con cinque o dieci anni di alimentazione: cioè, tu compri energia per muoverti più che l’auto. È un’auto fortemente legata alla tecnologia, fortemente digitalizzata fino all’uso dell’intelligenza artificiale e della guida autonoma. Un pezzo di innovazione è lì. Se perdi l’innovazione quando il prodotto automobile cambia esci da un circuito di carattere mondiale, quindi mi auguro che non succeda.
Al di là del destino di Stellantis e dell’automotive, come immagini il futuro del Piemonte? Su cosa si dovrebbe puntare?
Per il futuro del Piemonte – ma lo penso più in generale per tutta Italia – io penso che si debba ricostruire il lavoro pubblico. Il lavoro pubblico è il lavoro che si può sviluppare di più. Mi riferisco ai servizi, ai nuovi servizi, alla digitalizzazione delle persone, alla sanità pubblica, alla cura della persona, alla territorialità e mi riferisco alla cura degli anziani. Se dovessi dire quale sarà il lavoro più diffuso nei prossimi anni direi che ci vorrebbe un grande investimento del lavoro pubblico nel lavoro di cura e nei servizi alle persone.