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Le associazioni datoriali agricole tornano a segnalare difficoltà nel reperire manodopera nelle lavorazioni dei campi, ma tra gli elementi che determinano questa difficoltà c’è anche una politica occupazionale che ha puntato sulla precarietà dei rapporti di lavoro e la mancanza di un ammortizzatore sociale efficace nei periodi di calamità.
In provincia di Modena l’andamento occupazionale dell’intero comparto agricolo registra negli ultimi dieci anni (2011-2020), un aumento del 16,9% del numero dei lavoratori a tempo determinato (i cosiddetti “stagionali o avventizi agricoli” che passano da 4.990 lavoratori nel 2011 a 5.837 lavoratori nel 2020, al netto degli avviamenti multipli), ma un aumento molto più contenuto, 2,6%, del numero di lavoratori a tempo indeterminato (i “salariati fissi”, che passano da 1.597 nel 2011 a 1.639 nel 2020).
Nonostante il processo decennale di aumento delle dimensioni medie delle aziende agricole, la tipologia occupazionale più utilizzata rimane il lavoro stagionale, praticamente un rapporto di lavoro a chiamata rinnovato di anno in anno senza garanzie di continuità e con poche prospettive di consolidamento e specializzazione nel settore. A ciò si aggiunge che nei periodi di bassa stagionalità o di calamità (come è successo per la raccolta delle pere di agosto-settembre 2021 compromessa dalle gelate tardive) l’ammortizzatore sociale integra il reddito perduto solo a primavera/estate dell’anno successivo.
Quindi la precarietà del settore e la mancanza di ammortizzatori sociali adeguati sono altri due fattori che determinano la scarsa disponibilità di manodopera, manodopera che si sposta su altre possibilità lavorative emergenti (come le ristrutturazioni edilizie sospinte dai superbonus) o più sicure dal punto di vista occupazionale.
“La volatilità della manodopera precaria segnalata in questo periodo di potatura sta diventando un tratto caratteristico del settore – dichiara Marco Bottura, della Flai - La filiera agroalimentare è un settore trainante dell’economia e non può basare il suo sviluppo sulla precarietà del lavoro. Nelle aziende agricole più strutturate bisogna iniziare a consolidare i rapporti di lavoro e le professionalità. A livello nazionale vanno invece previsti degli ammortizzatori in grado di dare una risposta nei periodi di calamità sempre più frequenti (es. siccità, cimice asiatica, malattie delle piante, ecc…)”.