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La parola riorganizzazione di solito fa presagire periodi di lacrime e sangue. E invece questa volta la profezia non si è avverata, anzi. L’accordo che i sindacati Fisac Cgil, Fabi, First Cisl, Uilca e Unisin hanno siglato con Unicredit, firmato di notte, sul filo di lana, può considerarsi un successo. Naturalmente per la tutela dell’occupazione e dei lavoratori. I numeri parlano chiaro: a fronte dell’uscita volontaria e incentivata di circa 1.200 persone che abbiano i requisiti per la pensione o per accedere al fondo di solidarietà della categoria, ne verranno assunte 725, più altre mille che oggi hanno un contratto di apprendistato, saranno stabilizzate.
Un bilancio più che positivo se si considera che in questo settore la proporzione di solito si attesta sul 2 a 1, per due lavoratori che vanno in pensione, uno viene assunto. Lo stesso sacrificio che è stato richiesto dall’ultimo piano industriale di Unicredit, che vedeva solo in Italia 5 mila esuberi spalmati in tre anni, con la conseguente assunzione di 2.600 lavoratori.
“Un accordo che consente un ricambio generazionale, e che allo stesso tempo soddisfa le esigenze espresse dall’azienda: potenziamento della presenza nei territori e del digitale", commenta Cinzia Ongaro, segretaria nazionale Fisac Cgil: "Il bisogno era di spostare gli organici a disposizione della clientela, di riorganizzare gli uffici centrali, di potenziare le filiali dove ci sono carenze di personale e carichi di lavoro pesantissimi, una situazione che con il Covid è peggiorata perché la gente non ha smesso di andare in banca. E poi accrescere con grossi investimenti, e quindi anche con assunzioni, il digitale. Il primo importante paletto è stato messo. Adesso il sindacato svolgerà attività di tutela e sorveglianza di tutte queste operazioni che si terranno nei territori”.
Il piano industriale del secondo gruppo bancario italiano presente in 18 Paesi del mondo, denominato Unlocked 2022-2024 va in totale controtendenza rispetto a quanto sta accadendo nel mondo degli istituti bancari, e cioè verso il rilancio strutturale delle filiali. Tra le altre iniziative, il progetto di razionalizzazione delle strutture centrali di governo e supporto riguarderà il 30 per cento di queste realtà.
Oltre alla tutela dell’occupazione, assicurata dall’intesa appena firmata, c’è anche il capitolo formazione: questi percorsi di riconversione professionale devono essere assistiti da adeguati programmi formativi, capaci di fornire le competenze necessarie per ricoprire i nuovi ruoli professionali. “Questi sono temi – aggiunge Ongaro - che affronteremo entro la fine dell’anno: formazione, valorizzazione professionale, cioè inquadramenti, conciliazione tempi di vita e di lavoro, politiche previdenziali a favore dei dipendenti, relazioni sindacali”.
La parte che riguarda i pensionamenti è stata approfondita e specificata con precisione nell’accordo: possibilità di accesso incentivato al pensionamento diretto per quanti lo maturano entro il 2024, e al fondo esuberi per coloro che avranno il diritto entro il 2028, con priorità delle esigenze di sostenibilità organizzativa e di servizio. E ancora: possibilità del riscatto della laurea, con onere a carico dell’azienda, per poter rientrare nella finestra di uscita per pensionamento diretto del 1 gennaio 2025, come anche utilizzare le cosiddette quota 100 e 102, opzione donna. Un meccanismo già rodato e sperimentato.
“Sul tavolo resta il tema del clima aziendale, delle pressioni commerciali che sono forti e del benessere delle persone, che hanno pesanti carichi di lavoro", conclude Ongaro: "È il percorso che come sindacati dovremo affrontare a breve, anche nell’ottica di rivedere le politiche e gli inquadramenti, che sono fermi da tantissimo tempo”.